Non è difficile comprendere quali siano le priorità da affrontare e quale contributo possono fornire le tecnologie digitali.
Superata la pandemia Coronavirus è tempo di concentrare la nostra attenzione su quella che è la vera emergenza del nostro sistema sanitario: la gestione dei pazienti cronici e fragili.
In Italia ci sono circa 25 milioni di persone con una cronicità, la metà con più di una, numero destinato a salire nei prossimi anni; più del l’60% della spesa sanitaria è determinata dalle malattie croniche. Ogni anno muoiono in Italia più di 190.000 persone per malattie croniche non trasmissibili attribuibili a fattori di rischio comportamentali (fumo di tabacco, alimentazione non salutare, inattività fisica, eccesso ponderale, uso eccessivo di alcol).
Un altro aspetto di forte criticità è rappresentato dalle transizioni di cura e dall’aderenza terapeutica. Una percentuale tra il 9 e il 15 % dei pazienti ritorna in ospedale dopo essere stati dimessi. Dopo sei mesi, il 58% dei pazienti cronici abbandona la terapia, il 70% la segue in modo parziale e non corretto.
Non c’è quindi alcun dubbio su quale debba essere la priorità di intervento e dove debbano essere destinata le risorse aggiuntive per il sistema sanitario nazionale: il care management, nella sua accezione più ampia del termine, che si declina in Chronic Care Management, Transitional Care Management e così via.
Sino ad oggi i sistemi territoriali che sono stati implementati riguardano principalmente la gestione di specifici processi di prevenzione e assistenza, come ad esempio gli screening e l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) o Protetta (ADP), con una focalizzazione sugli aspetti gestionali e amministrativi (inviti, erogazione, rendicontazione, produzione flussi). La componente clinica e assistenziale è spesso poco sviluppata, se non gestita ancora sulla carta. I registri di patologia, quando presenti, hanno una finalità più epidemiologica che operativa.
I modelli per la gestione dei pazienti cronici e delle transizioni di cura esistono da tanti anni e trovano ampio consenso nella comunità medica. La loro attuazione richiede però dei modelli organizzativi che prevedono l’uso di figure professionali dedicate, i care manager e di strumenti informativi idonei.
Il processo parte dalla presa in carico del paziente che nasce da una richiesta che può essere effettuata dal paziente, da un suo care giver o da un professionista sanitario.
Per la descrizione dello stato di salute e delle condizioni sociali del paziente sarebbe utile adoperare la codifica ICF, della quale esiste anche la traduzione in italiano.
Per la valutazione esistono diversi modelli e scale che sono oggi utilizzate. È poi molto importante prevedere e codificare gli obiettivi clinico – assistenziali che di definiscono e che dovrebbero essere condivisi con il paziente o con il suo care giver. La definizione degli obiettivi è poi necessaria per poter misurare l’efficacia degli interventi che sono stati programmati ed erogati.
Una volta identificata la destinazione del paziente è poi possibile definire il Progetto o Piano Assistenziale Individuale o Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale.
Il trattamento del paziente è normalmente svolto con differenti tipologie di interventi: medicazioni; terapia fisica; riabilitazione; terapia farmacologica.
Il trattamento si accompagna spesso con sessioni di informazione ed educazione del paziente e del suo care giver. Questa, per essere efficace e duratura, deve essere svolta con il supporto di documenti e video.
Le condizioni del paziente devono poi essere monitorate nel tempo, attraverso visite, indagini diagnostiche, la rilevazione dei parametri vitali, le osservazioni dei clinici e del personale assistenziale coinvolto.
Il monitoraggio può essere svolto di presenza o in remoto che, in questo caso, diventa telemonitoraggio o telemetria. Questi possono essere circoscritti nel tempo, ad esempio un mese dopo la dimissione ospedaliera, o costanti per quei pazienti che necessitano di un controllo continuo.
Non è indispensabile che il telemonitoraggio preveda dispositivi fissi a casa del paziente; può anche essere l’infermiere che segue a domicilio o nella RSA il paziente a svolgere questo compito mediante un kit in dotazione. Ciò è particolarmente indicato per quei dispositivi che sono costosi o che richiedono una certa perizia per essere adoperati correttamente (ECG multicanali, ecografi, dispositivi per la valutazione e la diagnosi delle ferite, etc..).
Il processo di care management prevede poi la costante rivalutazione delle condizioni del paziente, la misurazione degli obiettivi raggiunti e l’eventuale modifica del PAI o PDTA.
C’è poi la valutazione e la determinazione della prognosi che normalmente vengono svolte con visite, indagini, parametri vitali e il riscontro dei sintomi.
Come già spiegato in precedenza, alcune attività possono essere svolte mediante la telemedicina. Visite, consulti e monitoraggio possono essere svolte a distanza.
È importante prevedere, in questo ambito, l’integrazione dei dispositivi indossabili e la rilevazione dei parametri degli smartphone, attraverso gli SDK salute di Apple e Google. Molti dispositivi medici sono oggi integrati a queste piattaforme che fungono da aggregatori di informazioni mediche; la loro connessione comporta, di conseguenza, la disponibilità di un ampio numero di integrazioni senza la necessità di operare puntualmente con ogni apparecchio.
Un aspetto molto importante riguarda i canali con cui operare il care management. A quello tradizionale del contact – care center, dove sono presenti infermieri e operatori, è molto utile associare web-app, app e chatbot.
Questi ultimi canali richiedono tuttavia un paziente o un care giver in possesso e in grado di utilizzare smartphone, tablet o dispositivi dedicati, condizioni non sempre presenti negli anziani.
Per questa ragione è molto interessante il recall telefonico automatico. Un sistema chiama il paziente, attraverso una semplice telefonata, e svolge alcune domande, registrando le risposte. È una soluzione efficace e funzionale che alcune ASL e regioni hanno sperimentato con successo per la gestione dei pazienti o sospetti Covid-19.
Il care management comprende molte funzioni e coinvolge diversi sistemi gestionali, come ad esempio l’ADI e i registri di patologie.
Per questa ragione è essenziale utilizzare un’infrastruttura per l’interoperabilità applicativa, preferibilmente basata su HL7 FHIR.
Nella gestione delle cronicità è infine importante prevedere un Clinical Decision Support System sia per gestire tutti i fattori di rischio, sia per la terapia farmacologica.
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