Focus su DM71: il progetto di salute

Continuiamo l’esame del decreto approfondendo lo strumento con cui realizzare la sanità di iniziativa.

Nell’articolo precedente abbiamo introdotto la medicina di popolazione e descritto il modello di stratificazione e di identificazione dei bisogni di salute.

Cosa è il Progetto di Salute

Questi consentono di individuare gli interventi che compongono il progetto di salute, uno strumento per la presa in carico della persona in termini olistici, secondo il concetto di “Planetary Health”. Il progetto di salute non consente soltanto la gestione dei bisogni assistenziali ma è anche il mezzo attraverso il quale effettuare le valutazioni di processo e di esito per ciascun individuo.

Il documento descrive il progetto di salute come “il filo conduttore che rappresenta la storia della persona e dei suoi bisogni clinico-socioassistenziali, in raccordo con i servizi sociali, seguendola prima ancora che sviluppi una patologia, dal momento in cui viene identificato come portatore di fattori di rischio o a partire dal primo contatto con il SSN, alimentando in modo coerente e tempestivo il relativo FSE”.

Il progetto di salute è inoltre uno strumento di programmazione, verifica e controllo della presa in carico. La sua definizione determina l’identificazione di un’equipe multiprofessionale minima composta almeno da medico o pediatra di famiglia, medico specialista ed infermiere. Altre figure professionali che possono comporre l’equipe sono i medici di medicina di comunità e dei servizi, il farmacista, lo psicologo, l’assistente sociale, altri professionisti sanitari.

In funzione della stratificazione del rischio sulla base dei bisogni socio-sanitari è possibile definire un progetto di salute semplice o complesso, come indicato nella tabella che segue.

Entrambi prevedono delle attività di e-health che riguardano la schedulazione delle prestazioni sanitarie, auto e telemonitoraggio, teleassistenza, teleconsulto e teleriabilitazione. Affinché queste possano essere svolte, è prevista una valutazione della competenza digitale.

Il progetto di salute può comprendere un Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA), un Piano di Assistenza Integrato (PAI) o un Piano Riabilitativo Individuale (PRI).

Quali sono i limiti del Progetto di Salute

Sebbene sia il modello di stratificazione, sia gli assunti contenuti nel documento siano inclusivi di tutta la popolazione, l’impostazione pratica del progetto di salute, legata ad una logica di presa in carico, equipe multiprofessionali e assistenza, riguarda a mio avviso principalmente i pazienti cronici.

Gli elementi che mi portano a questa conclusione sono da un lato l’impegno professionale e organizzativo richiesto che è difficilmente scalabile e dunque applicabile ad ampie fasce di persone, dall’altro l’assenza di strumenti per la gestione della prevenzione attiva. Non è infatti previsto un Piano di Prevenzione Individuale che preveda la promozione ed eventualmente il controllo di stili di vita salutari (ad esempio alimentazione, movimento ed esercizio fisico) e un piano di indagini in funzione dei rischi dell’individuo (anamnesi familiare, ambiente, lavoro, etc..).

Il ruolo dell’e-health è marginale e non si menzionano app, portali e strumenti per ingaggiare e aiutare le persone nella tutela della propria salute. Non c’è alcun tentativo di costruire un “ponte” tra il mondo, sempre più esteso, dei dispositivi personali e quello dei sistemi clinici territoriali attuali che in verità sono poco presenti e non adatti al modello di sanità territoriale che il documento descrive.

L’equazione e-health = telemedicina è riduttiva e non include le terapie digitali o tutti gli strumenti che permettono di interagire con il paziente in modo asincrono o di supportarlo senza le presenza di personale sanitario.

La sanità di iniziativa

Il documento promuove la sanità di iniziativa che nel documento è competenza delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e delle Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) che, in collaborazione con gli infermieri di famiglia o di comunità dovrebbero contattare i pazienti periodicamente per migliorarne gli stili di vita, diagnosticare precocemente le patologie e monitorare la comparsa e l’evoluzione delle malattie croniche, prevenendone le complicanze e riducendo il carico assistenziale delle altre strutture del SSN.

Affinché questo enunciato non rimanga soltanto una buona intenzione sarebbe necessario definire degli indicatori di processo e di esito per verificare l’efficacia degli interventi di AFT e UCCP, elementi non presenti nel documento che pure ha l’obiettivo di definire gli standard per l’assistenza territoriale.

Manca inoltre un’analisi sull’impegno richiesto per assolvere a questo compito. Quanti infermieri di famiglia o comunità servono per raggiungere tutte le persone o il target che si vuole coprire (che non è precisato)? Quali strumenti sono necessari? Questi devono essere acquisiti dalle AFT e dalle UCCP o saranno messi a disposizione delle ASL? In questo caso come questi si integreranno alle cartelle cliniche dei MMG/PLS?

Mancano insomma gli standard per la sanità di iniziativa. Gli standard presenti riguardano l’organizzazione e i servizi delle nuove strutture territoriali che il PNRR prevede e delle quali parleremo in un prossimo articolo.

2 – Continua

Rispondi