Focus su DM71: stratificazione della popolazione

Iniziamo, con questo articolo, un approfondimento sul documento del DM71 che definisce i modelli e gli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale.

Uno degli aspetti più innovativi del documento riguarda l’introduzione della medicina di popolazione e l’utilizzo di un modello di stratificazione e di identificazione dei bisogni di salute.

L’obiettivo di tale stratificazione da realizzarsi attraverso la classificazione della popolazione in sei differenti categorie di rischio è di differenziare le strategie di intervento in modo coerente con il bisogno di salute e il consumo delle risorse necessarie, così da poter programmare il fabbisogno socio-sanitario.

L’intenzione è di tutelare la salute dell’intera popolazione e non solo di coloro che richiedono attivamente una prestazione sanitaria, realizzando un modello di sanità di iniziativa fondato su un’assistenza pro-attiva all’individuo sin dalla fase della prevenzione.

Il documento indica quindi la necessità di realizzare una piattaforma che contenga le informazioni sulle caratteristiche della popolazione assistita, il suo profilo epidemiologico, i bisogni sanitari e sociali con cui sviluppare sistemi di misurazione e stratificazione della popolazione sulla base del rischio. Tale piattaforma dovrà inoltre includere gli esiti di salute sui quali costruire degli indicatori sulla qualità dell’assistenza sanitaria e di aderenza alle linee guida per alcune patologie croniche.

L’auspicio che il documento esprime è che grazie a un modello di stratificazione comune su tutto il territorio nazionale possa garantire equità di accesso ed omogeneità di presa in carico.

I livelli di stratificazione

Per comprendere allora se questo risultato possa realmente essere conseguito è opportuno esaminare in dettaglio i livelli di stratificazione definiti.

I livelli sono descritti mediante criteri qualitativi che non permettono di classificare in modo puntuale i pazienti. Cosa vuol dire ad esempio “utilizzo sporadico dei servizi” e in cosa differisce da una “bassa frequenza”? Il rischio è che la valutazione possa differire da distretto a distretto o tra le aziende sanitarie o ancora le regioni. Anche la definizione dei determinanti sociali è poi molto generica e si presta a valutazioni soggettive.

Come individuare i pazienti di livello 1 e 2

I pazienti più difficili da individuare sono quelli a minore rischio. Questi, a differenza degli altri, frequentano poco o nulla gli studi dei medici di famiglia e richiedono pochi servizi sanitari. In conseguenza di ciò generano anche pochi dati. Come allora identificarli? Come raggiungerli e raccogliere le informazioni necessarie per poterli stratificare e ingaggiare poi in programmi di prevenzione?

A mio avviso la soluzione non può che essere costituita da un insieme di piattaforme e servizi digitali in grado di stabilire un’interazione bidirezionale, multicanale, con queste persone. È un aspetto nuovo che richiede un mix di competenze innovative (ad esempio marketing sociale), strumenti idonei (ad esempio CRM) e la capacità di pensare a nuovi modelli di prevenzione basati sul digitale.

Quali dati occorrono?

La piattaforma di medicina di popolazione deve certamente essere alimentata dai flussi informativi oggi disponibili che tuttavia disegnano soltanto una parte del profilo sanitario delle persone. Le anagrafiche oggi disponibili spesso non definiscono il profilo familiare, né la professione o l’ambiente nel quale vive o lavora la persona o ancora il livello di istruzione o il reddito, aspetti importanti per definire il livello di rischio e di bisogno socio-assistenziale.

Alcuni dati sociali sono raccolti dai sistemi dei comuni o delle organizzazioni che svolgono attività di supporto o di volontariato; di norma però questi non sono integrati e collegati a quelli sanitari.

C’è poi l’aspetto della privacy che può complicare la medicina di popolazione con la possibile necessità di raccogliere un consenso specifico per stratificare e classificare la popolazione.

Alcuni dati possono essere raccolti in occasione di un contatto con il paziente ma tale circostanza limita il numero di persone che possono essere profilate.

L’aspetto dati è insomma complesso e richiede un approccio approfondito.

Un aiuto dall’intelligenza artificiale

Un possibile aiuto può arrivare dall’intelligenza artificiale che è in grado di trattare dati eterogenei, anche non strutturati e di aiutare nella classificazione dei pazienti. Una volta effettuata la stratificazione è anche possibile progettare modelli predittivi in grado di stimare il bisogno sanitario e sociale delle persone.

Si tratta di un campo di grande interesse che richiede però competenze consolidate, poco diffuse e capacità di saper “leggere” i dati in un contesto olistico della salute.

1 – continua

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