La scadente User eXperience dei software clinici

Non sono soltanto poco innovativi ma lasciano molto a desiderare in termini di esperienza d’uso. Vediamo gli aspetti più critici.

In due precedenti articoli avevo raccontato della frustrazione dei medici nell’uso dei software clinici (qui) e della poca innovazione che è rivolta soprattutto all’ambito tecnologico (qui).

Questa volta voglio evidenziare un altro loro aspetto critico: la User eXperience (UX), materia che è circoscritta a pochi specialisti e non rientra purtroppo nelle abilità richieste agli sviluppatori. Gli esempi sono tanti e mi limiterò a citare i più importanti.

Malgrado viviamo da anni nell’era del “mobile” le interfacce utenti o User Interface (UI) continuano a essere disegnate per desktop e mouse anche per quei sistemi che devono essere adoperati in mobilità come ad esempio l’Assistenza Domiciliare Integrata o almeno quelle funzioni della Cartella Clinica Elettronica che si eseguono a bordo letto.

Per molti sviluppatori questo aspetto si riduce allo sviluppo di una UI responsive. Pazienza se i controlli, per tipologia o dimensioni, sono poco adatti ad essere adoperati con le dita, in fondo non devono mica utilizzare loro i software che realizzano!

Che dire poi del data entry? Nella maggior parte dei casi basta e avanza la tastiera del sistema operativo, ottimizzare l’inserimento dei dati con controlli ad hoc costa fatica.

L’uso della voce è relegato alle funzioni di dettatura inserite nelle tastiere dei sistemi operativi, con i limiti che queste hanno in campo medico. Non è previsto il controllo del software con la voce, né la possibilità di richiedere e ascoltare dati (Text To Speech).

I problemi non si limitano però solo al mobile. La modalità di presentazione delle funzioni applicative è la stessa di sempre e basata sul principio del menù, posto di solito in alto o ai lati, qualche volta in un pop-up che si apre con un pulsante o con il tasto destro del mouse.

Manca qualsiasi tentativo di articolare e presentare le funzioni in base ai compiti e ai processi che il medico o l’infermiere svolgono. Nel caso di una cartella clinica per i ricoveri, per fare un esempio, non si ragiona per “inizio turno”, “ammissione in reparto”, “preparazione giro visita”, “giro visita”, “preparazione intervento”, “risveglio post-intervento”, “dimissione”, “fine turno” e così via ma elencando le funzioni e le schede disponibili. È compito dell’utente cercare quelle che gli servono.

Le funzioni poi sono “stupide”, cioè passive e si limitano a fare ciò che l’utente chiede. I software sono “agnostici” e non propongono nulla, limitandosi in qualche caso a verificare la correttezza dei parametri impostati.

Niente insomma di quanto siamo oggi abituati utilizzando i nostri dispositivi e i software più diffusi che, grazie anche all’intelligenza artificiale, ci ricordano impegni, segnalano notizie o cose che dobbiamo fare, facilitano la selezione e il richiamo delle funzioni che ci servono.

La cosa che più mi sorprende è che anche i software più recenti continuano ad essere progettati e realizzati allo stesso modo di quelli più vecchi, come se nulla fosse.

Una bella grafica, rare in verità, non basta. Realizzare una UX di qualità richiede competenze, idee, tempo e fatica, aspetti che mancano per diverse ragioni. Non c’è da stupirsi se poi gli utenti bocciano i software a loro destinati.

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