
È arrivato il momento, per le regioni, di impostare delle strategie di evoluzione dei sistemi informativi sanitari.
Tra gli aspetti più interessanti della proposta progettuale che accompagna la manifestazione di interesse di Agenas per la realizzazione e l’esercizio di una piattaforma nazionale di telemedicina, è il modello che ne è alla base.
Non è la prima volta che a livello regionale o centrale si progettano piattaforme. Alcune regioni hanno per esempio indetto gare per acquisire CUP, cartelle cliniche elettroniche, sistemi territoriali.
Dove è allora la differenza? Non mi riferisco alla modalità di acquisizione, il Partenariato Pubblico Privato, anch’esso non una novità in termini assoluti. Ciò che trovo interessante è il modello della piattaforma, basata su microservizi, in cui le singole componenti applicative che compongono il dominio della telemedicina, in senso lato, sono definite come risorse indipendenti e interoperabili.
Mi spiego meglio. Nelle gare che citavo prima la domanda è rivolta ad acquisire sistemi applicativi completi. È vero che spesso nei capitolati si richiede un’architettura a servizi, ma questa è finalizzata e circoscritta all’ambito applicativo oggetto di gara.
Nel caso della piattaforma di telemedicina siamo invece in presenza di un puzzle composto da tante componenti che può essere impiegato in tre diverse modalità: come un kit di sviluppo (SDK) con cui sviluppare nuove applicazioni; come un insieme di API da richiamare da remoto e utilizzare da altre applicazioni; come una piattaforma autoconsistente da utilizzare così come è.
Proviamo allora a traslare questo concetto nel caso di una cartella clinica elettronica regionale. Potremmo avere componenti per la richiesta di esami e visite; la prescrizione di farmaci, la loro somministrazione, le valutazioni cliniche (scale e indici), la compilazione dell’anamnesi e l’esame obiettivo e così via. Tanti mattoncini con cui creare cartelle per i diversi setting assistenziali (ricovero, ambulatorio, territorio, casa) e specialità impiegando l’SDK, le API o l’intera piattaforma.
Immaginate poi lo stesso approccio nel caso di un CUP o dei sistemi territoriali. Si tratterebbe di un grande cambiamento rispetto ai sistemi che spesso sono delle isole “regionali” nono poco integrate ai sistemi delle aziende sanitarie.
La sfida che le regioni hanno, anche alla luce degli impegni previsti per il nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico, è allora di definire una strategia di evoluzione dei propri sistemi in questa ottica e progettare una trasformazione digitale anche per facilitare la migrazione al cloud e al PSN.
La mia percezione però, dai contatti e dalle relazioni che ho, è che non ci sia ancora una riflessione in tal senso. Sarebbe il caso di cominciare al più presto, anche perché i tempi delle iniziative nazionali sono davvero stringenti.