
Gli attuali modelli per la gestione delle cronicità si basano fortemente su risorse professionali e, come tali, sono poco scalabili e quindi sostenibili. Vediamo come le tecnologie digitali possono contribuire a migliorare l’assistenza sanitaria.
I più rilevanti modelli per la cura e l’assistenza dei pazienti cronici o la prevenzione sono stati tutti concepiti dieci – venti anni fa. Il Chronic Care Model, ad esempio, fu ideato dal dr. Wagner nei primi anni del duemila.
Se i principi e gli obiettivi di questi modelli rimangono tuttora validi e sono largamente condivisibili, non abbiamo però assistito in Italia ad una loro re-ingegnerizzazione in funzione della grande evoluzione delle tecnologie digitali.
La capacità di raggiungere il paziente dovunque si trovi, grazie a internet, di interagire con lui grazie a canali digitali, come app, chat-bot, sistemi telefonici con riconoscimento della voce (IVR), di gestire una relazione attraverso CRM, sono tutte potenzialità ancora poco sfruttate e, in ogni caso, pensate per essere accessorie o secondarie rispetto al lavoro dei medici e degli infermieri.
Le tecnologie digitali sono viste principalmente come strumenti per raccogliere dati, archiviarli o rappresentarli tramite cruscotti. La telemedicina è vista come un mezzo per connettere medici e pazienti (televisita) o rilevare dati clinici (telemonitoraggio) a distanza.
Il professionista è al centro di questi modelli e, in un certo senso, ne rappresenta il limite in termini di scalabilità e sostenibilità economica.
Con le tecnologie oggi disponibili è possibile passare dal concetto di “medicina assistita dalle tecnologie digitali” a quello di “medicina incentrata sulle tecnologie digitali” o, più semplicemente, di medicina digitale.
Non si tratta di scegliere tra l’uomo – medico o infermiere – e la “macchina” né di disumanizzare la medicina. Senza un uso intelligente e pervasivo delle tecnologie digitali la scelta, per la maggioranza delle persone, è tra queste e il nulla.
I pazienti cronici sono talmente tanti che non è realistico pensare che possano essere gestiti esclusivamente con modelli di medicina basati soltanto sui professionisti, né che la telemedicina possa essere la “bacchetta magica” con cui risolvere il problema.
Se poi provassimo ad ampliare l’orizzonte e pensare a coloro che non sono ancora pazienti cronici, allora è ancora più evidente come i modelli di medicina attuali siano improponibili.
Dobbiamo inserire la logica dei modelli di cura in strumenti informatici che interagiscano con i pazienti attraverso canali digitali, utilizzando le tecnologie più avanzate per informare, educare, sensibilizzare e assistere le persone in modo pro-attivo, automatico, senza la necessità di interventi umani. Questi devono essere disponibili, ovviamente, nei casi in cui ci sia un’effettiva necessità di una relazione professionale personale, non per le attività che possono essere di routine.
Non si tratta di inventare l’acqua calda ma di osservare, con attenzione, ciò che numerose startup stanno realizzando (principalmente negli Stati Uniti, ma non solo), adattare e integrare queste soluzioni al contesto sanitario italiano, magari creando un ecosistema innovativo di salute digitale.
Soltanto così è possibile ampliare la platea degli assistiti e incidere in modo significativo sulla salute delle persone. La medicina, per essere efficace, deve diventare digitale.
8 – Fine