Green Pass: più di centomila chiamate al giorno al call center nazionale

Sono davvero tante le persone che si rivolgono al call center per richiedere assistenza. Se si vorrà consentire l’accesso ad alcuni servizi al possesso della certificazione, bisognerà risolvere tutti i problemi che ne impediscono il possesso.

Il meccanismo di produzione della certificato COVID-19, attraverso la piattaforma nazionale DGC, presenta diverse criticità. Alcune di queste derivano dalla scelta progettuale di centralizzare il processo di firma e di rilascio del documento, operazione che viene fatta in differita rispetto all’evento che origina la certificazione (tampone, guarigione o vaccinazione).

In caso di problemi, siano essi tecnici o dovuti a mancanza o errori sui dati, bisogna ripristinare la situazione a posteriori, operazione non sempre semplice da realizzarsi.

Un elemento di forte criticità è l’inserimento, a mano, di alcuni dati, tra cui l’indirizzo email del paziente. In caso di errori la comunicazione con il codice per scaricare il green pass non arriva e questo innesca una serie di problemi.

Ci sono poi una serie di casi non previsti e quindi gestiti dal processo di rilascio del certificato, tra cui le vaccinazioni all’estero o, sembra, quelle tra le regioni (non ancora a regime).

I problemi, insomma, non mancano e potrebbero accentuarsi qualora il governo decida di consentire l’accesso ad alcuni servizi solo a coloro che possiedano un green pass.

Come sempre vi terrò aggiornati.

One thought on “Green Pass: più di centomila chiamate al giorno al call center nazionale

  1. wwayne 20 Luglio 2021 / 11:10

    Riguardo al green pass, a mio giudizio escludere i bar e i ristoranti dalla stretta (anche solo parzialmente, del tipo “All’aperto non ci vuole il green pass e al chiuso sì”) sarebbe un errore. Il motivo è molto semplice: se escludiamo i bar e i ristoranti, a quel punto il green pass servirebbe soltanto per andare ai concerti o al cinema, ma questi sono svaghi che l’italiano medio si concede soltanto una volta ogni mai; il bar e il ristorante invece sono il suo luogo di svago prediletto, quindi se l’italiano medio venisse colpito su quello allora sì che ci sarebbe il boom di prenotazioni per il vaccino che abbiamo visto in Francia. Se invece ci fosse il green pass solo per concerti, cinema e ristoranti al chiuso, a quel punto le prenotazioni si innalzerebbero soltanto di uno zero virgola.
    Inoltre, a un concerto o a un cinema io potrei stare con la mascherina dal primo all’ultimo minuto dell’evento, mentre invece al bar e al ristorante l’abbassamento della mascherina è inevitabile: di conseguenza sarebbe assurdo imporre il green pass per dei luoghi dove ci sono altre forme di tutela della salute e non imporlo per dei luoghi dove invece è l’unica difesa.
    Comunque a mio giudizio i nostri politici hanno già in mente di imitare in tutto e per tutto il modello francese, estendendo il green pass anche ai bar e ai ristoranti, sia al chiuso che all’aperto. Se adesso stanno pensando di adottare una soluzione più morbida (del tipo “Bar e ristoranti accessibili ai non vaccinati, ma solo all’aperto”) è solo perché vogliono arrivare a quel punto in maniera graduale: prima emanando questa legge più blanda, poi imponendo in tutto e per tutto le misure di Macron.
    In pratica Draghi ha imparato la lezione di Noah Chomsky: se prendi un provvedimento drastico tutto d’un botto, a quel punto il popolo ti si rivolterà contro; se invece a quel provvedimento drastico ci arrivi un passettino alla volta, a quel punto il popolo ci fa lentamente l’abitudine, e finisce per accettare delle misure che se fossero state approvate tutte insieme dalla sera alla mattina avrebbero provocato una rivoluzione. Un po’ come la rana che se la metti in una pentola di acqua bollente schizza via, se invece la metti in una pentola di acqua fredda e alzi lentamente la temperatura resterà lì dentro fino a morire. Con la differenza che quello era un esperimento crudele, il green pass alla Macron invece è una trovata geniale per indurre la gente ad agire per il bene collettivo.

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