
Un interessante articolo di Stefano Carboni che spiega come misurare l’efficienza dei processi di ricovero nelle strutture sanitarie.
Sale operatorie a volte poco utilizzate ed altre volte in sovraccarico, protesi non disponibili nel momento in cui servono, scorte non adeguate, rotture di apparecchiature, mancato rispetto dei tempi, pazienti e personale in attesa per poter effettuare le attività previste, test inutilmente ripetuti o non necessari, informazioni indisponibili, non condivise o che arrivano in ritardo. E ancora: consensi a volte non presenti, personale che si sposta inutilmente, livellamento dell’offerta sui picchi della domanda, processi non progettati in parte o in toto, soprattutto nel pre-ricovero, nel pre e post-operatorio e nella fase che precede la dimissione, errori nelle diagnosi o nei trattamenti.
Questi o anche altri eventi – generalmente in ambito organizzativo, logistico e (burocratico-)amministrativo, ma non solo – possono essere causa di inefficienze e sprechi nelle strutture sanitarie. Spesso – presi singolarmente – sono eventi tali da non generare un problema effettivo al particolare processo e vengono “brillantemente” superati. Diventano però un grosso problema quando si ripetono, si accumulano o quando il particolare processo ha volumi non trascurabili, per cui la struttura sanitaria finisce per non operare in linea con le sue potenzialità e, ad esempio, non riesce ad assistere tutti i pazienti che potrebbe trattare o ha, anche solo per alcuni processi, liste d’attesa troppo lunghe.
Questi sprechi, poi, si traducono in una riduzione del margine di contribuzione e dell’utile d’esercizio, aspetti che sono tutt’altro che trascurabili, soprattutto nelle strutture private – le stesse strutture nelle quali, spesso, i volumi di produzione sono anche limitati da accordi con ASL e Regioni e quindi la leva dell’aumento del fatturato per far crescere l’utile non è completamente utilizzabile.
Generalmente la direzione dispone di alcuni indicatori che segnalano se le performance della struttura sono in linea o sono migliori di quelle dei mesi o degli anni precedenti. Ma questo tipo di indicatori per sua natura può essere affetto da un errore sistematico: inefficienze e sprechi presenti in eventuali processi non ottimizzati, non sono infatti individuabili analizzando sempre e solo la stessa organizzazione.
Solo l’utilizzo di ulteriori indicatori specifici per ogni processo (KPI) ed il loro confronto con dei benchmark regionali o nazionali può fornire, alla direzione aziendale, nel suo cruscotto, una spia in grado di accendersi e segnalare che … la struttura “gira”, ma “non scarica a terra tutta la potenza che viene generata”.
In oltre 30 anni di attività nel settore della Sanità sono ben poche le strutture che ho visto utilizzare strumenti in grado di confrontare l’efficienza della propria struttura rispetto a quella delle altre strutture presenti sul mercato.
Il metodo della LOS Analysis fornisce questa serie di ulteriori indicatori: analizzando la componente non anagrafica – e quindi anonima – delle SDO, permette di segnalare se, per qualche processo specifico, le performance di una struttura sanitaria non sono in linea con i benchmark assunti a riferimento. Questa analisi, oltre che semplice, non è “invasiva”: non richiede che il personale della struttura effettui nuove attività, che dedichi il suo tempo ad ulteriori incombenze o registri ed estragga nuovi dati; si usano infatti le informazioni già disponibili e presenti nella struttura perché prodotte in quanto richieste dal debito informativo con ASL e Regione.
Le varie diverse prestazioni che la struttura eroga sono ricondotte ad una serie definita e standard di processi. Per quanto si tratti di una suddivisione primariamente economico-organizzativa il DRG poteva essere un sistema di classificazione delle diverse “linee di produzione” erogate dalle diverse divisioni della struttura sanitaria. La maggior parte delle strutture è più focalizzata su alcune specialità piuttosto che su altre, ma l’utilizzo diretto del DRG avrebbe portato ad un elenco potenziale di circa 500 voci: un po’ troppe per un sistema che, per quanto rappresenti una realtà oggettivamente complessa, deve essere anche semplice.
D’altra parte non è nemmeno possibile ragionare a livello troppo generale: una classificazione diretta sulla base delle Major Diagnostic Category è troppo generica, anche eventualmente combinandola con la suddivisione tra episodi di tipo Chirurgico ed episodi Medici. L’ideale è una struttura di classificazione intermedia, meno segmentata del DRG ed in grado, aggregando e così eliminando certe suddivisioni imposte da considerazioni di carattere prettamente economico, di avvicinarsi maggiormente anche ad una valenza clinica.
L’indicatore da usare deve essere sufficientemente semplice, ma comunque efficace ed assolutamente standard, così da permettere di identificare chiaramente il processo e scoprire prontamente se nella struttura sono presenti, ed eventualmente quali sono, i processi nei quali si nascondono delle inefficienze.
La tecnica della LOS Analysis è infatti ottimale per limitare la dimensione dell’analisi, concentrando il successivo studio di dettagliato solo su un numero di processi molto ridotto (spesso si selezionando le cinque – o anche meno – casistiche che presentano le performance peggiori …), ma comunque ben definito e mirato, così da permettere di limitare drasticamente il tempo che le risorse interne devono dedicare alla revisione del processo, senza che questo generi limitazioni sui potenziali risultati del percorso.
E quale è il primo e più semplice parametro che caratterizza ogni ricovero ordinario ? La durata della degenza (length of stay: LOS).
La spia relativa ad ogni singolo processo si accende se si verifica che, nella struttura presa in esame, la durata media della degenza per quel particolare tipo episodi risulta sistematicamente maggiore di quella del benchmark adottato.
Le performance complessive di ogni struttura possono così essere rappresentate da un vettore di valori che vengono, ad uno ad uno, confrontati con l’analogo pattern del benchmark di riferimento, per identificare gli eventuali processi per i quali la struttura presenta risultati peggiori rispetto ai dati delle altre strutture. Qui sotto è riportato l’andamento del benchmark regionale (nel caso specifico per la Regione Emilia-Romagna e per quelli che risultano alcuni dei processi più frequentemente erogati tra quelli di tipo chirurgico) relativo agli ultimi 5 anni pre-Covid, ottenuto considerando la totalità delle strutture regionali.

L’andamento dei KPI dei vari processi erogati dalla struttura – per quelle voci che hanno una numerosità tale da risultare significativi – è riportato in un report per la direzione, che può così verificare se le performance della struttura sono in linea col benchmark o se, per qualche processo, c’è la spia accesa e quindi sarebbe necessario apportare correzioni.
A questo punto la direzione della struttura può decidere di operare autonomamente per modificare i processi che si sono dimostrati sottoperformanti o può rivolgersi al consulente che ha già effettuato la LOS Analysis perché coordini l’azione di un team interno che, in un paio di incontri per ogni processo, analizza e definisce le modifiche da apportare per migliorarne le performance dello specifico processo.
Una volta applicate le modifiche concordate, dopo un periodo compreso tra i 4 ed i 12 mesi, si ripete la valutazione, in aderenza a quanto prevede il ciclo di Deming (Plan, Do, Check, Act) e se le modifiche sono risultate efficaci, si può decidere di applicarle anche agli altri processi, in modo tale da estendere i benefici, a cascata, a tutta la struttura.
Effettuare questa verifica ora, quando la situazione si avvia a tornare “normale”, è un ottimo metodo per ripartire … senza continuare con inutili e spesso estenuanti [cattive] abitudini