Uno studio pubblicato questo mese sulla rivista Nature Medicine descrive come il riconoscimento facciale, insieme all’intelligenza artificiale, può aiutare a identificare le caratteristiche facciali legate alle malattie genetiche, accelerando le diagnosi cliniche.
Lo studio, realizzato dalla società statunitense FDNA, illustra l’uso del loro software di riconoscimento facciale, DeepGestalt, che è stato addestrato analizzando più di 17.000 immagini che coprono 200 sindromi diverse utilizzando un’applicazione per smartphone sviluppata ad hoc, denominata Face2Gene.
Nei primi due test, DeepGestalt è stato utilizzato per cercare disturbi specifici: Sindrome di Cornelia de Lange e sindrome di Angelman. Entrambe sono condizioni complesse che influenzano lo sviluppo intellettuale e la mobilità. Hanno anche tratti facciali distinti, come le sopracciglia arcuate che si incontrano nel mezzo per la sindrome di Cornelia de Lange, e pelle e capelli insolitamente chiari per la sindrome di Angelman.
Quando ha avuto il compito di distinguere tra le immagini di pazienti con una sindrome o un’altra, sindrome casuale, DeepGestalt è stato più del 90 per cento accurato, battendo gli specialisti, che hanno il 70 per cento di precisione su test simili. Quando è stato testato su 502 immagini che mostrano individui con 92 sindromi diverse, DeepGestalt ha identificato la condizione bersaglio nella sua ipotesi di 10 diagnosi possibili più del 90 per cento delle volte.

In un esperimento più impegnativo, l’algoritmo è stato impiegato per valutare immagini di individui con la sindrome di Noonan, per identificare quale delle cinque mutazioni genetiche specifiche potrebbero averlo causato. Qui il software è stato meno accurato, con un tasso di successo del 64%.
Tuttavia, gli esperti dicono che questo tipo di test algoritmici non sono risolutivi per identificare le malattie genetiche rare. Il dottor Bruce Gelb, professore alla Icahn School of Medicine sul Monte Sinai e un esperto di sindrome di Noonan, ha avanzato dubbi sulla effettiva efficacia del software. Gelb, che non ha conosce il panel testing, ha tuttavia affermato di essere rimasto impressionato dai risultati.
Gelb ha anche notato che DeepGestalt è stato sviluppato e testato su un insieme limitato di dati di bambini abbastanza piccoli, e potrebbe lottare per identificare i disturbi negli individui più anziani, dove le caratteristiche facciali diventano meno distinte. Una ricerca di terzi sugli strumenti dell’FDNA ha anche suggerito un pregiudizio razziale: gli algoritmi sono molto più efficaci sui volti caucasici rispetto a quelli africani.
FDNA sembra consapevole di queste carenze, e la ricerca dell’azienda si riferisce al potenziale di DeepGestalt come “strumento di riferimento” – qualcosa che, come altri software basati sull’IA, aiuterebbe, e non sostituirebbe, le diagnosi umane.
Christoffer Nellåker, esperto del settore presso l’Università di Oxford, ha fatto eco a questo giudizio, raccontando a New Scientist: “Il vero valore è che per alcune di queste malattie ultra rare, il processo di diagnosi può essere lungo, molti anni […..] Per alcune malattie, si ridurrà drasticamente il tempo di diagnosi. Per altre, potrebbe forse costituire un mezzo per trovare altre persone con la malattia e, a sua volta, aiutare a trovare nuovi trattamenti o cure“.