Dottor app e la cybercondria

Alzi la mano chi, almeno una volta, non ha cercato su internet informazioni su sintomi, malattia, terapie. La salute è infatti uno dei temi di maggiore consultazione nel web. Non c’è dunque da meravigliarsi se, in risposta a questa domanda, siano apparse app che forniscono informazioni mediche e suggerimenti diagnostici. Non senza però alcuni rischi.

Le app di maggiore successo consentono all’utente di indicare dei sintomi e dialogare con l’app con tecniche di tipo chatbot, rispondendo a domande successive via via più approfondite. Al termine di questa interazione, che può essere anche piuttosto lunga, l’app fornisce dei suggerimenti diagnostici e delle informazioni relative alla patologia indicata. In alcuni casi l’app suggerisce dei medici, di cure primarie o specialisti, da cui farsi visitare, a pagamento.

L’app di maggior successo è Ada, disponibile gratuitamente per iOS e Android, che dichiara oltre quattro milioni di utenti. Funziona in inglese, tedesco, portoghese e spagnolo. È stata creata da una società anglo – tedesca che ha raccolto oltre 40 milioni di euro di finanziamento per la sua espansione.

Molto popolare è anche Babylon, anch’essa per iOS e Android (disponibile anche come web app sul loro sito), nata in Inghilterra. L’app è gratuita ma Babylon offre visite mediche a pagamento, da 50 sterline l’anno per un medico di famiglia a 39 – 49 sterline per un terapista o uno specialista.

È stata fondata ad Oslo ma è basata a Londra Your.Md, web app e app per iOS e Android che, grazie alla collaborazione con l’NHS, adopera la knowledge base NHS Choice e vanta una partnership con BMJ Practice. Oltre al symptoms checker e all’indice dei temi di salute (NHS Health Index) fornisce indirizzi e contatti di medici e strutture sanitarie.

Tutte queste app sottolineano il fatto che non eseguono diagnosi, anche per evitare la necessità di essere certificate come dispositivo medico, ma forniscono informazioni e suggerimenti. Di fatto però indicano patologie e suggeriscono, in alcuni casi, un percorso di approfondimento. Se da un lato sono sicuramente più efficaci e attendibili di un motore di ricerca, il rischio di rafforzare la tendenza a “fare i dottori” nelle persone è molto alto.

Secondi alcuni vanno considerate come uno strumento di triage, volti a evitare accessi inutili al sistema sanitario. La domanda però che ci si pone è quanto siano affidabili, nonostante i grant e le collaborazioni che vantano.

Bisogna considerare che il percorso diagnostico, di tipo differenziale, si basa sui sintomi riferiti dal paziente; mancano i riscontri oggettivi di un medico, i parametri vitali e gli accertamenti diagnostici.

Uno studio del 2015 (prima quindi delle app che abbiamo elencato) pubblicato su BMJ ha esaminato 23 symptoms checker e rilevato una percentuale di correttezza del 34% che sale al 58% per le 20 diagnosi più frequenti.

La domanda di fondo è se queste app siano utili ai pazienti, al sistema sanitario e ai medici. Il rischio di generare entropia e alimentare la Cybercondria è molto elevato, bisogna però considerare che l’esigenza di ricevere informazioni e suggerimenti sul proprio stato di salute è molto forte e ignorare questi fenomeni non è la soluzione.

Bisognerebbe riuscire a mettere a sistema queste app, certificarle, renderle funzionali agli obiettivi e alle necessità del sistema sanitario. Più facile a dirsi che mettere in pratica, ma il rischio di subire e non governare un processo inarrestabile è troppo alto. Vale dunque la pena di adoperarsi in questa direzione.

2 thoughts on “Dottor app e la cybercondria

  1. amleta 28 Settembre 2018 / 0:40

    E meno male che ho cercato! Altrimenti non avrei mai scoperto che le medicine che prendevo contenevano lattosio e mi procuravano sempre mal di stomaco, cosa che invece attribuivo al cibo. Quindi ormai dico che i dottori non sono più quelli di una volta e se non fosse stato per internet sarei stata malissimo ancora per tanto tempo senza sapere il vero motivo. Almeno in questo caso la tecnologia è stata utilissima 😊

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