
Spostare l’attenzione dai sistemi, le funzioni, ai dati e al loro significato realizzando piattaforme dati aperte e indipendenti dai fornitori.
La centralizzazione degli acquisti a livello regionale ha avuto una forte spinta dal PNRR e dalle gare Consip di sanità digitale e prevede l’acquisizione di sistemi uguali per tutte le aziende sanitarie così da omogeneizzare i processi e soprattutto i dati.
Di questa tendenza, riguardo le cartelle cliniche elettroniche, ho scritto un articolo che potete leggere qui in cui ho evidenziato i limiti e i rischi di questo approccio che valgono anche per altri ambiti applicativi.
Le informazioni che riguardano i pazienti sono di norma generati da molteplici sistemi che li gestiscono con modelli e formati dati proprietari. Il risultato è che questi dati sono quindi “frammentati” e “sparpagliati” in più sistemi con modelli e formati dati differenti. Manca un vista “integrata”, nel senso più completo del termine, dei dati, ciò che oggi si definisce come Unified Care Record o Unified Health Record e che non è il Fascicolo Sanitario Elettronico ma semmai quello che sarebbe potuto essere l’Ecosistema dei Dati Sanitari.
Non è pensabile ricondurre tutti i sistemi in un grande ERP sanitario, sia per la vastità e complessità delle funzioni e dei dati che compongono l’ecosistema della salute, sia per l’elevato numero di organizzazioni e strutture che ve ne fanno parte.
Piuttosto che tentare di ridurre, in apparenza, la complessità unificando i sistemi, è molto più pragmatico e sensato lavorare per unificare i dati mediante standard aperti come openEHR. Spostare cioè l’attenzione dai sistemi, le funzioni, ai dati e al loro significato realizzando piattaforme dati aperte e indipendenti dai fornitori. Un percorso che offre molteplici vantaggi per le regioni e le aziende sanitarie e che permette a queste di governare e gestire il proprio patrimonio informativo. Un tema su cui torneremo in un prossimo articolo.