La sanità ha bisogno di piattaforme dati aperte

Word cloud for open data
Fonte: Wikipaedia.org; opendatahandbook.org; worldbank.org

I dati rappresentano una risorsa preziosa tanto che c’è che li definisce il «nuovo oro» e altri il «petrolio del futuro». Non c’è alcun dubbio che i dati, da cui si ricavano informazioni e quindi conoscenza, siano indispensabili sia nella pratica clinica, sia nella gestione e il governo delle aziende sanitarie.

Le aziende sanitarie impiegano diversi sistemi informativi che producono e gestiscono, al loro interno, i dati organizzati con modelli e formati proprietari del fornitore. I dati sono quindi frammentati e distribuiti in più sistemi di cui l’azienda sanitaria non ha alcun controllo né la libertà di accedervi.

I sistemi comunicano e scambiano dati tra di loro attraverso messaggi in formato standard HL7 versione 2. C’è tuttavia da precisare che soltanto un ridotto sottoinsieme dei dati viene scambiato attraverso questi messaggi, in particolare soltanto quei dati che possono essere di interesse di altri sistemi. La grande maggioranza dei dati “non esce” dai sistemi che li producono.

I sistemi producono documenti che alimentano il dossier sanitario elettronico che è costituito da repository IHE XDS il cui formato dati è standard mentre il modello dati è proprietario del fornitore. Come per i messaggi, anche in questo caso la quantità di dati presenti nei documenti rappresenta un ridotto sottoinsieme di quelli esistenti. Anche nei documenti strutturati è poi difficile “estrarre” informazioni.

Infine, sono presenti dei datawarehouse che sono prevalentemente alimentati con i dati presenti nei flussi informativi NSIS e attraverso messaggi HL7 o meccanismi di importazione dati (ETL) costruiti ad hoc. Anche in questo caso però il modello e il formato dati sono proprietari, la fruizione delle informazioni avviene strumenti di business intelligence.

Le conseguenze

Da questo contesto scaturiscono diverse conseguenze per le regioni e le aziende sanitarie.

  • Il governo e il controllo dei dati sono in mano ai fornitori che detengono un potere di lock-in sul patrimonio informativo. Le aziende sanitarie dipendono dai fornitori per accedere ai propri dati.
  • I dati sono «dentro» i sistemi. Spesso non ci sono sistemi di interrogazione né strumenti (API) per accedervi.
  • Sostituire un sistema significa dover «migrare» i dati, operazione molto complessa, costosa e che comporta quasi sempre una perdita di informazioni oltre a rischi elevati di errori.
  • I dati sono «frammentati» in più sistemi e spesso sono disomogenei. Non è possibile avere una vista unificata dei dati, quello che oggi viene definito come «Unified Care Record» o anche «Unified Health Record».
  • Gli elementi presenti nel dossier sanitario elettronico forniscono, in modo documentale, una vista aggregata e molto parziale dei dati.
  • I datawarehouse non sono progettati né sono utilizzabili nella pratica clinica e, in ogni caso, contengono un limitato sottoinsieme dei dati, prevalentemente di tipo gestionale e amministrativo.
  • In questa situazione è molto difficile realizzare, a partire dai dati, servizi a valore aggiunto per i professionisti sanitari, le direzioni aziendali, i cittadini; in altre parole, non è possibile valorizzare il patrimonio informativo.

L’alternativa

Per superare i limiti e i vincoli che sono stati illustrati è necessario costruire una piattaforma dati aperta e indipendente dai fornitori attuali per:

  • Governare e gestire in autonomia il proprio patrimonio informativo
  • Valorizzare il proprio patrimonio informativo realizzando un ecosistema di servizi a valore aggiunto per i professionisti sanitari, le direzioni aziendali, i cittadini
  • Garantire nel tempo la salvaguardia e la continuità delle informazioni, rendendole indipendenti dai sistemi che potranno quindi essere sostituiti senza la necessità e i problemi di migrare i dati
  • Fornire ai professionisti sanitari una vista integrata dei dati clinici – Unified Care Record.

Ma come realizzare questa piattaforma? Con quali standard? La risposta più idonea è di basarla su openEHR, uno standard emergente per la modellazione e la persistenza dei dati clinici. Un approccio differente da quello oggi maggiormente in auge, ossia FHIR, standard nato per l’interoperabilità dei dati. Nel prossimo articolo vedremo quali sono le differenze e perché, per la persistenza dei dati, è meglio utilizzare openEHR.

Rimanete connessi!

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