Non abbiamo bisogno di un altro silos, la telemedicina si può fare dalla cartella clinica

La telemedicina è parte integrante dell’attività clinica e, come tale, deve essere inclusa negli strumenti che già oggi i medici adoperano.

Come consentire ai medici e agli infermieri di operare a distanza mediante la telemedicina? La risposta che indica la gara per la telemedicina delle regioni (qui una sintesi) è una infrastruttura composta da diverse componenti funzionali che, nel loro insieme, costituiscono una piattaforma auto-consistente, sia pure integrata con alcuni sistemi nazionali e regionali, come l’anagrafe degli assistiti, il fascicolo sanitario elettronico, i CUP e così via.

Prima di approfondire e vedere in dettaglio cosa comprenderà questa infrastruttura è necessario però esprimere un concetto chiave: la telemedicina è una modalità operativa con cui fare diagnosi, curare e assistere i pazienti in remoto che si abbina, nella totalità dei casi, a interventi svolti in presenza nelle tradizionali modalità. Non ci sono quindi pazienti “solo” di telemedicina mentre, al contrario, ci sono tanti pazienti che vengono gestiti solo in presenza.

Ma quali sono le funzioni che sono realmente esclusive della telemedicina? La comunicazione audio-video (televisita, teleconsulto e teleassistenza) e la rilevazione dei parametri da dispositivi medici (telemonitoraggio). Tutte le funzioni che possono essere presenti in un workflow clinico, prima e dopo di esse, sono in realtà comuni ad entrambe le modalità – in presenza o in remoto. Prenotazione, pagamento ticket, condivisione dati e collaborazione clinica, refertazione, definizione soglie e obiettivi clinici, questionari, PREM e PROM, comunicazione medico – paziente, sono tutte funzioni che si adoperano anche in presenza e che sono incluse nell’infrastruttura regionale di telemedicina.

Ha senso allora realizzare una piattaforma, fuori dalla cartella clinica, che realizzi queste funzioni? Non sarebbe più sensato estendere funzionalmente la cartella clinica e integrarla con motori di backend in grado di assicurare i servizi peculiari della telemedicina? Avere, in altre parole, un unico ambiente in cui medici e infermieri possano gestire in modo integrato nativo i pazienti indipendentemente dalla modalità con la quale operano?

Il rischio concreto, malgrado le integrazioni che sulla carta sembrano risolvere qualsiasi problema di interoperabilità ma che poi nella pratica presentano tanti problemi, soprattutto di tipo semantico, è di fornire ai medici un ulteriore piattaforma applicativa, disgiunta o poco integrata alla cartella clinica (la terza se consideriamo anche il fascicolo sanitario elettronico che di solito è poco integrato alla CCE).

Né possiamo immaginare di delegare la funzione di “integratore” al fascicolo sanitario elettronico, per i limiti che questo oggi possiede (qui potete trovare una spiegazione).

Non è sensato affrontare il tema dei workflow clinici a “pezzi”: prima la cartella clinica, oggi la telemedicina, domani le COT, poi la gestione delle cronicità e così via. Occorre ragionare partendo da un quadro di insieme ampio, incentrato sul paziente, nel quale operano diversi professionisti in molteplici setting assistenziali e differenti modalità. Non basta richiedere che le infrastrutture siano a microservizi per realizzare un ambiente di lavoro integrato né prevedere delle integrazioni; serve una progettazione integrata in grado di valorizzare gli strumenti che già esistono avendo come requisito chiave il principio di un unico ambiente con tutte le informazioni e le funzioni che servono. Di silos ne abbiamo già abbastanza.

One thought on “Non abbiamo bisogno di un altro silos, la telemedicina si può fare dalla cartella clinica

  1. Angelo RossiMori 25 Giugno 2023 / 8:35

    Mah…

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