
Perché le stesse regioni che non riescono ad alimentare l’attuale FSE dovrebbero, solo per una nuova architettura tecnologica, riuscire lì dove hanno fallito?
La pubblicazione dello schema di decreto per l’adozione delle linee guida per il Fascicolo Sanitario Elettronico contiene, in allegato, il documento nella sua versione definitiva (1.0 del 27 marzo 2022).
Il documento descrive il contesto dell’attuale FSE e riporta alcune interessanti informazioni sul suo stato di attuazione. Il dato più rilevante è la percentuale di alimentazione del Fascicolo rispetto alle prestazioni erogate relative ai documenti del nucleo minimo che ho rappresentato nella figura di sopra e che per completezza riporto nella forma originaria.

Solo l’Emilia Romagna e la Lombardia sono sopra il 70%, seguite da Toscana e Piemonte, mentre la maggior parte di esse sono sotto il 30%. Sono dati impietosi che dimostrano le difficoltà che le regioni hanno riscontrato e anche lo scarso impegno che vi hanno profuso.
Tutte, tranne le quattro che operano in regime di sussidiarietà, hanno realizzato le infrastrutture previste (registry e repository) ma sono davvero pochi, in percentuale, i documenti che le alimentano.
L’anello debole è rappresentato dalle aziende sanitarie che vuoi per problemi dei loro sistemi informativi, vuoi per aspetti organizzativi, non alimentano il FSE oppure lo fanno non in forma strutturata. Esiste poi il grande problema dei MMG / PLS che non compilano il Profilo Sanitario Sintetico, documento fondamentale per avere un quadro clinico globale del paziente.
Le linee guida si limitano però a fotografare lo status quo senza fornire elementi utili per affrontare questi problemi. Si presenta la nuova architettura del FSE focalizzandosi sugli aspetti tecnologici e semantici trascurando gli aspetti professionali e organizzativi che ne sono alla base.
Si è pensato, grazie al passaggio dal documento al dato clinico strutturato (HL7 FHIR), a come migliorare l’usabilità del FSE, implementare nuovi servizi, senza però considerare che se è già stato difficile alimentare il FSE con documenti, lo sarà molto di più nel caso di dati strutturati che non sempre sono presenti in questa forma nei sistemi informativi clinici delle aziende sanitarie.
Piuttosto che risolvere i problemi che sono alla base, si è deciso allora di rilanciare il FSE facendo evolvere la sua architettura e ponendosi obiettivi che sono estremamente ambiziosi. Un po’ come un giocatore di poker che trovandosi a perdere decide di alzare la posta e rilanciare per rientrare dalle perdite. Sarà un bluff o avrà buone carte per vincere la partita?
Caro Massimo, sei sempre puntuale con le tue analisi a cui aggiungo un particolare di non poco conto…
Sembrerebbe, ma il condizionale è d’obbligo quando si riscontrano solamente voci di corridoio senza alcun documento scritto, che SOGEI implementerà (o meglio farà implementare ai propri fornitori) la piattaforma di interoperabilità costruendola da capo.
Ma come? Le Regioni virtuose, che sono poche, hanno investito anni di competenze per arrivare ai risultati di oggi e, con buona pace del “riuso” delle buone pratiche, Sogei butta nel ces..tino tutta questa competenza?
Le piattaforme di Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte sono già pronte per l’uso, per rendere operativo il FSE entro le date concordate si ha il dovere civico di usare ciò che funziona e non reinventare ogni volta l’acqua calda.