
Le nuove infrastrutture di sanità digitale cambiano lo scenario e il livello dei rapporti stato – regioni, prevedono nuove regole ma offrono anche nuove opportunità.
Tra gli effetti determinati dall’emergenza pandemica del Covid-19 c’è stata un forte accelerazione alla centralizzazione delle infrastrutture di sanità digitale. L’aggettivo nazionale per il nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico, la Piattaforma di Telemedicina e l’Anagrafe Assistiti non identifica soltanto il rango di queste infrastrutture e la presenza di archivi centrali ma sottintende anche un paradigma di cooperazione applicativa ben diverso da quanto è avvenuto in precedenza ad esempio con il sistema TS.
Queste nuove infrastrutture non sono infatti preposte alla mera raccolta di informazioni ma andranno a fornire un insieme di servizi applicativi (ecosistemi) per la gestione clinica dei pazienti. È un cambiamento rilevante perché per la prima volta lo stato centrale non si limita a chiedere informazioni per esercitare il compito di sorveglianza e monitoraggio della sanità ma offre alle regioni una serie di componenti applicative per la cura e l’assistenza dei pazienti.
Quale sarà allora il ruolo delle regioni in questo nuovo scenario? Continueranno a progettare e realizzare proprie infrastrutture prescindendo da tutto ciò, ingloberanno nelle proprie soluzioni le componenti centrali o si affideranno completamente a queste (sussidiarietà)?
A rendere difficile la scelta che non è soltanto tecnica ma anche politica in quanto attiene alla sfera dell’autonomia delle regioni, ci sono due aspetti assai rilevanti:
- I tempi di attuazione e di adeguamento che, essendo legati in buona parte al PNRR sono davvero stringenti;
- La complessità delle nuove infrastrutture che non è soltanto tecnologica ma anche semantica ed organizzativa e che richiede competenze professionali di alto livello, raramente presenti negli organici delle regioni.
C’è poi un ulteriore aspetto da considerare che è a carico delle regioni: assicurare il dispiegamento e l’utilizzo delle infrastrutture centrali, conditio sine qua non per ottenere i finanziamenti previsti, compiti che sono molto difficili.
Alle considerazioni fatte sopra bisogna poi aggiungere quanto sia corretto e sostenibile investire risorse pubbliche per rifare infrastrutture che sono già finanziate. La motivazione, adottata in passato, sulla necessità di gestire in proprio i dati e di realizzare con questi i servizi applicativi necessari, viene oggi meno dal momento che le nuove infrastrutture sono state progettate per offrire cooperazione applicativa e non sono più dei silos alimentati in modo unidirezionale.
Siamo di fronte a un nuovo scenario in cui bisogna decidere in fretta avendo ben chiare tutte le implicazioni presenti, il livello di complessità delle iniziative da realizzare, le risorse necessarie.