
L’errore più grande che si può commettere è ripetere le stesse azioni aspettandosi risultati diversi. È ciò che, purtroppo, rischia di verificarsi anche con il nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico. Vediamo perché.
Cominciamo dalla progettazione. In passato il FSE è stato pensato e concepito da un numero ristretto di tecnici e funzionari regionali, senza coinvolgere i medici e i professionisti sanitari. Ebbene anche questa volta l’approccio è lo stesso.
Guardiamo poi le finalità del FSE 2.0 (qui trovate un’anticipazione). In teoria, come per l’attuale, sono di supportare la prevenzione, la diagnosi la cura e la riabilitazione del paziente nonché di consentire la ricerca scientifica e la programmazione sanitaria.
Il FSE dovrebbe quindi essere uno strumento clinico rivolto agli operatori sanitari. Quanti di essi sono stati coinvolti nella sua progettazione? È così difficile, su un tema così complesso, immaginare un dibattito e la possibilità di raccogliere contributi e opinioni dal mondo medico e infermieristico? In altri settori la co-progettazione è una prassi consolidata e una metodologia chiave per realizzare prodotti e servizi di successo, apprezzati dagli utenti.
Un altro grave errore riguarda poi come si immagina di soddisfare le finalità espresse. L’approccio prescelto è dato-centrico, immaginando che il perno su cui deve fondarsi il FSE siano i dati, oggi i documenti, domani i dati strutturati in formato FHIR. Manca una visione clinica che sia “sopra i dati” e che li organizzi in funzione degli obiettivi che si vogliono ottenere.
Il FSE deve essere un raccoglitore di dati o deve invece assomigliare a una cartella clinica longitudinale? Deve essere un mero oggetto di consultazione o diventare uno strumento clinico che i medici adoperino quando curano un paziente? Le differenze non sono marginali. Nel secondo caso devo definire un’ontologia dei dati, che non è soltanto la struttura sintattica e tecnologica con cui li esprimo, concepire delle funzioni che permettano di consultare i dati con logiche cliniche e che li elaborino per ricavare da questi ulteriori informazioni e conoscenza clinica con cui fare inferenza con la conoscenza scientifica (Evidence Based Medicine) così da supportare la Evidence Based Practice.
La natura del FSE determina quindi la tipologia di dati da raccogliere, il modo di rappresentarli, le funzioni da sviluppare. Un medico, quando incontra un paziente, non vuole avere dei dati ma conoscere di quali patologie soffre, quali sono i suoi bisogni, i rischi, le terapie (non le prescrizioni), se è seguito e da chi (il care team), eventuali piani assistenziali e così via.
Una semplice raccolta di informazioni non organizzata non basta. Né possiamo pensare che il passaggio da un protocollo documento-centrico come IHE XDS a HL7 FHIR sia la soluzione a tutti questi aspetti. Ancora una volta ci si affida alla tecnologia pensando che questa possa, da sola, colmare il vuoto di idee che esiste. Vuoto che potrebbe essere riempito se anziché ragionare in termini di innovazione tecnologica si ampliasse l’orizzonte verso una innovazione di valore per il Sistema Sanitario.