La telemedicina a supporto della fase 2 del COVID-19

 

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La fase due del covid-19 vedrà una ripresa delle attività mediche non urgenti che sono state differite a causa dell’emergenza e per non aumentare la propagazione dell’infezione all’interno delle strutture sanitarie – (Articolo pubblicato su AboutPharma Maggio 2020).

Le misure di distanziamento sociale che sono previste renderanno tuttavia difficoltoso l’accesso agli ambulatori medici e non potranno eliminare il rischio di contagi tra il personale sanitario e i pazienti.

La quarantena e l’isolamento domiciliare hanno determinato un improvviso interesse per la telemedicina che, dopo tanti anni di scarsa considerazione, è diventata una pratica medica utilizzata da medici di famiglia, pediatri e medici ospedalieri. Da soluzione riservata a pochi pazienti, generalmente tramite portali dedicati, per consulti e visite con specialisti privati, la telemedicina è stata scoperta da un’ampia platea di medici e di persone.

La telemedicina è diventata dunque uno degli strumenti con cui affrontare la fase due, riducendo al minimo indispensabile le visite e i contatti dei pazienti con gli ambulatori medici.

Sono tanti i medici che, armati di buona volontà, hanno iniziato ad adoperare sistemi di audio-videoconferenza per eseguire delle televisite ai loro pazienti; Skype, Jitsi e Zoom sono le applicazioni che sono state maggiormente utilizzate. La posta elettronica e WhatsApp i canali con cui medici e pazienti si scambiano informazioni e documenti. Queste forme di telemedicina fai da te, utili per gestire una situazione imprevista per la quale non erano disponibili soluzioni ad hoc, hanno però ingenerato in molti medici la convinzione che gli strumenti sopra citati siano sufficienti e sicuri per visitare in remoto i propri pazienti.

A questo si è poi aggiunta una telesalute fai da te, ossia la rilevazione da parte dei pazienti di parametri vitali e la trasmissione dei valori per telefono o via email al proprio medico curante. I pulsiossimetri, ad esempio, sono stati oggetto di forti acquisti da parte delle persone, diventando in pochi giorni pressoché introvabili nelle farmacie e nei siti di e-commerce.

Volendo affrontare il tema della telemedicina e comprendere il ruolo che questa può avere nella gestione della fase del covid-19, è necessario ampliare gli orizzonti e considerare tutti gli aspetti che concorrono a caratterizzare una prestazione medica che si vuole svolgere a distanza, sia essa l’assistenza domiciliare a pazienti cronici, fragili o covid-19, sia lo svolgimento di consulti e visite in remoto.

La trasformazione dell’ambulatorio medico in un ambiente digitale virtuale deve considerare l’accesso che può essere libero, attraverso una sala di attesa (waiting room) o mediante prenotazione. In questo caso è necessario prevedere delle funzioni per richiedere un appuntamento, annullarlo o ricordarlo.

L’ambulatorio virtuale deve poi consentire sia l’esecuzione di teleconsulti, svolti non in tele presenza con il medico ma in asincrono, sia di televisite.

In entrambi casi può essere necessaria la condivisione tra paziente e medico di referti o di immagini radiologiche. È perciò necessario un sistema sicuro per l’accesso, da parte del medico, dei documenti forniti dal paziente e dei tool per la loro consultazione, ad esempio un viewer DICOM per le immagini.

La televisita può poi richiedere la prescrizione di farmaci o esami, sia a carico del SSN, sia del paziente. Nel primo caso è necessario l’invio delle prescrizioni ai sistemi regionali o nazionale di gestione delle ricette dematerializzate. È poi necessario recapitare, in sicurezza, i promemoria e/o i numeri di ricetta elettronica (NRE).

La televisita richiede poi, di norma, la stesura di un referto che deve essere firmato digitalmente e recapitato in sicurezza al paziente.

In alcuni casi potrebbe essere necessaria la certificazione all’INPS o la produzione di certificati per altri usi.

Per le televisite e i teleconsulti privati deve essere gestito, in sicurezza, il pagamento da parte del paziente ed il relativo incasso da parte del professionista, emessa la fattura al paziente che in prospettiva deve essere elettronica.

Se le prestazioni sono svolte in regime di libera professione deve essere calcolato il contributo alla struttura sanitaria dove lavora il medico, così come gli adempimenti fiscali e contabili.

Infine prima e dopo la televisita e il teleconsulto, deve essere disponibile una modalità di comunicazione sicura (non email né WhatsApp) tra medico e paziente.

Tutte queste funzioni possono essere svolte da una piattaforma integrata o da più sistemi; in questo secondo caso però tutte le comunicazioni e lo scambio di documenti tra paziente e medico devono avvenire con sistemi criptati, sicuri, a norma di legge.

Nell’assistenza sanitaria domiciliare la telesalute deve essere svolta attraverso piattaforme specializzate in grado di consentire il telemonitoraggio dei parametri vitali attraverso dispositivi medici certificati, la rilevazione dei sintomi, la raccolta di informazioni sul paziente attraverso questionari. La piattaforma deve inoltre consentire l’inoltro di informazioni al paziente e la possibilità di svolgere attività di educazione.

La telesalute però, è bene sottolinearlo, non richiede soltanto un’infrastruttura tecnologica ma un modello organizzativo e risorse dedicate per la gestione dei pazienti.

L’adozione della telemedicina non può essere intrapresa con scorciatoie o soluzioni fatte in casa. Servono investimenti per piattaforme tecnologiche professionali, modelli organizzativi ed economici per regolare questa tipologia di attività. La telemedicina deve essere organica e sistemica al sistema sanitario, pubblico e privato.

Questa considerazione è particolarmente importante per un settore che è molto vivace: le app sanitarie. Molte di esse sono progettate e realizzate come sistemi indipendenti, spesso implementando poche e ben specifiche funzioni, senza alcuna integrazione con i sistemi informativi aziendali.

Un settore che ha visto un grande sviluppo a seguito del covid-19 è quello dei symptom checkers. Questi sono chatbot o app rivolte ai pazienti che permettono, attraverso una serie di domande o di scelte guidate, di formulare un’ipotesi diagnostica e di indirizzare la persona al suo medico curante o, nei casi più gravi, ai servizi di emergenza.

Molto diffusi all’estero già da alcuni anni e, in alcuni casi, integrati e funzionali ai servizi di assistenza pubblici o ospedalieri, in Italia hanno fatto la loro prima comparsa in concomitanza con la diffusione del coronavirus. Queste soluzioni sono state adottate per consentire una autovalutazione del paziente e guidarlo sui passi da compiere.

Altre app, tra cui ad esempio quella della regione Lazio, sono state invece sviluppate a tempo di record per consentire alle persone a casa di registrare i propri sintomi e parametri vitali e comunicare con il medico di famiglia. L’obiettivo in questo caso è di attivare una sorta di telesorveglianza domiciliare volontaria per intercettare in modo precoce i pazienti bisognosi di cure ospedaliere.

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