Le reti di solidarietà nella lotta al COVID-19

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Il ruolo del terzo settore e dei servizi pubblici nel contrasto e l’assistenza delle persone fragili e malate.

La pandemia ha provocato una notevole alterazione degli equilibri economici, che acuisce i problemi delle fasce più deboli della popolazione.

Gli anziani, spesso già fragili perché affetti da diverse patologie croniche, sono i soggetti che ne risentiranno di più. In aggiunta si allarga un disagio diffuso in tutti i economici (commercio, artigianato, industria) per l’aumento della precarietà del lavoro e per la perdita degli investimenti fatti.

Superato il periodo della massima emergenza, nella fase 2 e nella fase 3 occorre ripristinare progressivamente una forma di “normalità”, ma i servizi sanitari e i servizi sociali rischiano di non reggere all’impatto devastante del dramma sociale che si prospetta nei prossimi mesi.

Certo, nell’immediato è previsto il rafforzamento delle strutture e del personale diretto soprattutto alle persone a rischio per COVID-19 e alle persone con patologie croniche nella rete ospedaliera, nelle cure primarie, e dei servizi sanitari e sociali di assistenza a domicilio, con le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA), mentre la Protezione Civile sta cercando Operatori Socio-Sanitari nelle RSA e negli Istituti Penitenziari.

Dal punto di vista tecnologico, oltre alle videochiamate e ai social network per facilitare le relazioni tra le persone isolate e i parenti e gli amici e alle App di tracciamento, è il momento della (ri)scoperta della telemedicina.

Un recente Rapporto ISS sulle “Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria COVID-19” ha caratterizzato rispetto al COVID-19 quattro tipi di servizi a distanza:

  1. Controllo infermieristico attivo dello stato di salute, per rilevare l’eventuale comparsa di segni e sintomi da infezione COVID-19;
  2. Sorveglianza medica del quadro clinico, per le cure necessarie contro COVID-19 e per disporre l’eventuale ricovero ospedaliero quando appropriato;
  3. Sorveglianza medica attiva del quadro clinico complessivo, al fine di fornire a domicilio la migliore continuità possibile delle cure e dell’assistenza, in relazione alla condizione di base e all’eventuale infezione COVID-19;
  4. Supporto psicologico rispetto ai disagi e limitazioni dell’isolamento.

Inoltre, l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) sta producendo una serie di materiali pratici:

Nel medio periodo tutto questo forse non basterà a soddisfare il malessere diffuso di tutta la popolazione e a porre rimedio agli strascichi dalla chiusura prolungata delle attività, pur alleviati dall’immissione massiccia di denaro.

Una “rete di solidarietà” informale può affiancare questi servizi formali per contribuire a soddisfare le necessità impellenti di chi ha più bisogno. Un alleggerimento e un ricorso più appropriato alle risorse pubbliche possono essere in grado di ottenere un beneficio elevato per il sistema, sia dal punto di vista sanitario che sociale.

Le associazioni di volontariato possono svolgere un ruolo chiave, senza attendere passivamente che i bisogni sociali si aggravino e si riflettano sul sistema sanitario. Un’attenzione proattiva, adeguata alle diverse categorie di persone, può indirizzarle correttamente e tempestivamente ai servizi formali, evitare accessi impropri, eseguire al momento giusto più gli interventi opportuni, rinforzare COMPORTAMENTI appropriati.

Si tratta di una prospettiva sulla “salute” che si concentra sui determinanti sociali e crea un sentimento positivo nella comunità. In effetti, la sostenibilità dei sistemi sanitari e sociali (pubblici) nei prossimi decenni sarà legata ad un coinvolgimento forte dei cittadini sulla propria salute.

L’idea è di tenere a casa le persone il più possibile, facendole sentire “accudite” con verifiche ricorrenti delle necessità non sanitarie e opportuni servizi.

Le attività possono essere di diverso tipo. Non si tratta solo di prendersi carico delle persone a rischio per COVID-19 che non necessitano ricovero (contagiati o in quarantena precauzionale). Occorre anche individuare, con una ricerca porta a porta, i bisogni quotidiani dei cittadini più vulnerabili, che spesso sfuggono ai servizi sociali.

Alcuni tipi di questi bisogni possono essere mitigati valorizzando l’apporto delle associazioni di volontariato (ed eventualmente dell’esercito, almeno un periodo iniziale).

Ad esempio, le attività possono riguardare: portare a casa farmaci e cibi, accompagnare un paziente ad un centro di assistenza primaria, supportare l’uso di dispositivi medici, facilitare la comunicazione con gli operatori, i parenti, altre persone con situazioni simili, ad esempio affette dalle stesse patologie (App specifiche, smartphone, tablet, videochiamate e chat), aiutare nelle pratiche burocratiche, organizzare eventi locali socializzanti. Se vengono predisposti dei semplici questionari strutturati sullo stato di salute e sull’evoluzione dei bisogni, da somministrare periodicamente, i volontari possono aiutare nella compilazione.

Ma soprattutto è importante fare sentire ad ognuno la partecipazione e la solidarietà di tutta la comunità, con l’offerta di cibo, di vestiario, di oggetti utili e di “tempo”. Con i dovuti accorgimenti per evitare condotte improprie, è possibile anche rinforzare un atteggiamento positivo di attenzione verso il prossimo, ad esempio attivando i negozianti ed i vicini per segnalare situazioni ed eventi a rischio.

Per alcuni tipi di bisogni occorre indirizzare la persona al servizio sanitario o sociale più appropriato, creando sinergie dirette con le attività delle USCA) e con l’assistenza domiciliare delle Aziende Sanitarie.

Il supporto tecnologico può supportare tre ulteriori tipi di attività che si affiancano alle soluzioni citate in precedenza, ponendo sempre una opportuna attenzione al rispetto della regolamentazione sulla privacy:

  • la registrazione dei dati sui cittadini monitorati in un “giornale di bordo” informale: i contatti avuti con il sistema formale e con i volontari, lo stato di salute e le problematiche sociali; queste informazioni, fornite anche dal cittadino stesso e da eventuali caregiver, alimentano quando opportuno il taccuino nel FSE del cittadino;
  • la gestione di una banca del tempo sulla disponibilità dei volontari e sul tipo di attività che offrono;
  • l’organizzazione dell’agenda quotidiana dei volontari per cadenzare i contatti periodici e affrontare le urgenze.

I relativi strumenti hanno obiettivi diversi, quindi dovrebbero essere funzionalmente indipendenti e ben adattati ai profili utente, anche se possono essere gestiti, con interfacce diverse, sullo stesso sistema informativo.

L’assenza di uno degli strumenti non dovrebbe limitare l’uso degli altri.

È fondamentale che accanto al software siano definiti questionari modulari per caratterizzare i diversi tipi di utenti, da associare a percorsi predefiniti (tipo di operatori da attivare, compiti da svolgere e loro tempistica).

Le buone pratiche

Il Comune di Badalona, al margine nord di Barcellona, dal 2003 ha promosso una serie di iniziative, integrate con il Sistema Sanitario sulla fragilità e la cronicità per l’erogazione di servizi domiciliari di telemedicina.

Nel 2012 il programma “Regional Case Management” ha coinvolto l’associazione locale di volontariato “Amici dell’anziano” per prendersi cura dei soggetti vulnerabili a complemento dei servizi istituzionali ed ha creato una “banca del tempo” (Progetto Angeli) per gestire la disponibilità di tecnici (idraulici, elettricisti, etc.) ad offrire servizi ai meno abbienti.

Il programma “Viva gli Anziani” della Comunità di S.Egidio è nato a Roma nel 2004, per gestire le ondate di calore. Ormai diffuso in molte altre località ed ha esteso lo scopo a tutti i tipi di bisogni di contrasto dell’isolamento sociale e di prevenzione di eventi critici, coinvolgendo in vario modo 40.000 volontari (vicini di casa, commercianti, portieri, …).

Nel corso degli anni è stato messo a punto un software proprietario che aiuta nella gestione degli interventi telefonici e in presenza e del registro sulle attività svolte e sulle caratteristiche dei cittadini seguiti.

Il software è stato utilizzato ormai su migliaia di utenti e utilizza criteri di caratterizzazione del bisogno per definire le procedure e le frequenze di interazione con i cittadini.

Un movimento nei Paesi Bassi coinvolge oggi più di 500 iniziative locali spontanee riguardanti le fasce più deboli del loro quartiere o villaggio, per un totale di 1,5 milioni di abitanti.

Ogni gruppo locale organizza assistenza e sostegno per gli anziani e altri residenti vulnerabili, per “rendere l’ambiente adatto alla migliore vita possibile” e per “garantire una comunità inclusiva, rivolta alle persone che hanno bisogno di sostegno insieme ai residenti attivi, agli operatori sanitari e ai residenti che mostrano solidarietà”.

Il movimento è iniziato nel 2012 ad Austerlitz e recentemente si è riunito in una organizzazione formale, “Zorgt Voor Elkaar” (prendersi cura l’uno dell’altro).

Movimenti spontanei analoghi si riscontrano anche nel Regno Unito, ad esempio a Londra e a Manchester

Un altro approccio, totalmente destrutturato, riguarda l’utilizzo di “social network di prossimità” per creare reti di vicinato, come ad esempio Nextdoor.

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