IoT, Big data, AI, la sacra trinità dell’innovazione digitale: futuro prossimo per la sanità o un sogno ?

Non c’è articolo o convegno, in cui si parli del futuro prossimo della sanità digitale, che non siano citate l’Internet of Things, big data e l’intelligenza artificiale. Ma quanto è realistico questo pronostico ? Non è che, affascinati dalle potenzialità di queste tecnologie, dimentichiamo la triste realtà in cui versa la sanità digitale in Italia ?

Non c’è dubbio che la sanità produce una grande quantità di informazioni digitali: prescrizioni, esami di laboratorio, SDO e così via. Ma è altrettanto vero che ne produce una quantità ancora maggiore adoperando la carta o strumenti informatici (Word, Excel) che non possono essere utilizzati in ambiti di big data. Quanti ospedali possiedono, a livello aziendale, una vera cartella clinica elettronica ? In quanti la terapia farmacologica è ancora gestita sulla carta ? In quanti casi l’assistenza domiciliare è gestita, a livello clinico, con sistemi informativi ? Qualche giorno fa, in un convegno dove ho moderato una tavola rotonda, ho chiesto a un brillante chirurgo ortopedico, di un grande ospedale universitario del nord Italia, dove molti anni fa avevo fatto parte della commissione di gara per acquistare la cartella clinica elettronica, come si trovasse con questa. La risposta è stata che continuano ad adoperare Excel e che la cartella è in uso solo in alcuni reparti!

Sarà banale ma per utilizzare i big data servono, appunto, informazioni digitali, che spesso non ci sono, sono presenti in PC o server locali e sono sotto forma di documenti poco utilizzabili. Chi guardando al settore bancario, all’e-commerce o al turismo proietta sulla sanità i benefici e le applicazioni che i big data permettono, sogna ad occhi aperti.

L’Internet of Things è un’altra tecnologia secondo molti destinata a cambiare il modo di assistere e curare le persone. Peccato però che la telemedicina rimane l’eterna promessa della sanità e stenta ad affermarsi per problemi non certamente legati alla maturità e all’affidabilità della tecnologia attuale. Come ho spiegato in un altro articolo la tecnologia, da sola, non basta per realizzare nuovi modelli assistenziali: ci vogliono l’organizzazione, le risorse e una strategia complessiva che comprenda tutti gli aspetti connessi alla cura del paziente e magari riconsideri, in un opportuno arco temporale, gli investimenti necessari.

Non è aumentando i sensori o la capacità di trasmissione dei dati, ad esempio con il 5G, che risolveremo i problemi strutturali e concettuali della telemedicina. Il rischio è di aumentare l’entropia e il rammarico per le potenzialità non sfruttate.

Anche nel caso dell’intelligenza artificiale valgono, in alcuni casi, le considerazioni appena fatte. Il machine learning o il cognitive computing, per imparare, hanno bisogno di dati o immagini digitali; non sempre questi ci sono, molte volte i dati clinici sono parziali e quindi, basarsi su di essi è rischioso per il bias che esiste tra realtà clinica e la sua immagine digitale.

I chatbot, per essere implementati, hanno bisogno di servizi ma, anche in questo caso, quanti e quali sono i sistemi informativi basati su architetture SOA ? Pensate ai CUP, ai sistemi di scelta e revoca dei medici di famiglia o dei pediatri, ai sistemi di gestione delle vaccinazioni, tanto per fare tre esempi: quelli che voi conoscete o adoperate come sono realizzati ?

Non voglio apparire pessimista, ma occupandomi di innovazione sono realista e vivo ogni giorno la situazione in cui versa la sanità digitale. Per questa ragione, quando leggo degli articoli, anche scritti da colleghi che stimo, o ascolto in convegni ragionamenti sulla diffusione di queste tecnologie, sono portato a pensare che molte persone non hanno una esatta percezione della realtà, anche vivendoci dentro.

Ci sono naturalmente delle eccezioni, delle isole felici, dove queste tecnologie aggiungono valore alle soluzioni già presenti, aumentando ulteriormente il gap tra gli ospedali tecnologicamente evoluti e quelli che sono indietro. Le potenzialità di queste tecnologie e, soprattutto, il valore che queste possono fornire, se declinato però in vantaggi comprensibili per il management sanitario, possono contribuire ad aumentare la percezione e quindi la priorità degli investimenti in ICT, a partire dai “mattoni fondamentali” dei sistemi informativi sanitari.

La “sacra trinità” è dunque destinata a rimanere, nel prossimo futuro, un’opportunità per pochi. Per gli altri è al momento un bel sogno.

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