Telemedicina: sistema a sé stante o estensione della cartella clinica elettronica?

Ha poco senso introdurre un ulteriore sistema per gestire il workflow clinico di medici e infermieri, aumentando la già elevata frammentazione di sistemi clinici.

Noi informatici siamo di norma auto-referenziali. Quando progettiamo un sistema lo creiamo in modo che sia auto-consistente, ossia capace di funzionare da solo, senza altre componenti. Definiamo un’anagrafe pazienti locale, che è più comodo, gli utenti con i rispettivi ruoli, i cataloghi che ci servono (prestazioni, tariffe, etc,,) e così via.

Anche la telemedicina non è sfuggita, salvo pochissime eccezioni, a questo modus operandi. Sul mercato ci sono diversi sistemi con cui è possibile svolgere televisite, teleconsulti o rilevare a distanza i parametri vitali (telemonitoraggio). Possiedono le funzioni che servono per assolvere a questi compiti e un’infrastruttura di interoperabilità per integrarsi con gli altri sistemi ospedalieri o territoriali.

L’integrazione è la parola magica per calare queste applicazioni in un contesto clinico e organizzativo che vede la presenza di diversi sistemi che i medici e gli infermieri adoperano per visitare, fare diagnosi e prescrivere terapie ai loro pazienti.

Tutti noi conosciamo i limiti delle integrazioni e i problemi che ne derivano. Chi conosce il mio percorso professionale sa del mio impegno in tal senso (fondatore e poi presidente di HL7 Italia) e, proprio per questo, può credere quando affermo che le integrazioni tra sistemi sono un modo per sopperire alla frammentazione dei sistemi ma non sono certo l’ideale per gli utenti.

Nel caso della telemedicina la frammentazione attuale appare poco comprensibile. In un workflow clinico un medico o un infermiere possono operare in presenza o in remoto ma, distanza a parte, non cambia ciò che devono svolgere. Prendiamo ad esempio una televisita. Come in una visita in presenza il medico dovrà consultare i dati e i documenti del paziente (prima, durante o dopo), annotare delle informazioni, redigere un referto, prescrivere degli esami o un’altra visita e così via. In poche parole utilizzare una cartella clinica elettronica. Ciò che cambia è la necessità di una connessione audio-video per interagire da remoto con il paziente. Chi volesse approfondire il tema dei workflow clinici può leggere un mio post qui.

Le cartelle cliniche elettroniche però, salvo rarissime eccezioni, non possiedono questa funzione. Ecco che allora chi sviluppa sistemi di telemedicina inserisce alcune funzioni per fornire ai medici ciò di cui hanno bisogno, con il risultato di duplicarne alcune; l’alternativa è di integrare con questo sistema con l’Order Entry, la cartella clinica elettronica, il repository clinico e così via.

Lo stesso vale per il telemonitoraggio che di norma possiede una propria funzione per impostare il programma di rilevazione, una dashboard per la visualizzazione dei parametri, la gestione delle soglie e così via.

La scelta più efficace sarebbe di inglobare le funzioni di telemedicina nelle cartelle cliniche elettroniche, ossia realizzare dei motori di telemedicina, dotati di API, che fungano da producer lasciando il ruolo di consumer alle prime. Non ha senso, oggigiorno, separare la pratica in presenza da quella in remoto. Non si può pensare, nel 2022, a una cartella clinica elettronica priva di tali funzioni. In altre parole è necessario affrontare il tema del workflow clinico in modo integrato, digitale.

Osservo invece che la domanda del mercato è rivolta a piattaforme di telemedicina da integrare con i sistemi clinici con il risultato di introdurre un’ulteriore applicazione in un contesto già molto frammentato ed eterogeneo. Si tratta di un approccio volto a preservare lo status quo e gli investimenti già effettuati con il risultato però di obbligare i medici a utilizzare un altro software.

Se tutto questo vi sembra poco comprensibile c’è però di peggio. Il comitato interministeriale sulla telemedicina, coordinato dal Ministero dell’Innovazione e della Transizione Digitale, propone alle Regioni di chiedere al mercato delle piattaforme specializzate per patologia che possono quindi essere assegnate a fornitori diversi. Nella loro idea di telemedicina un medico dovrebbe utilizzare due o più piattaforme per gestire un paziente con più patologie!

Quando ho chiesto ad un medico campano cosa ne pensasse mi ha risposto rifacendo una gag di un noto trio comico napoletano molto conosciuto negli anni ottanta (per aiutarvi vi dico che uno dei protagonisti è mancato circa un mese fa).

E voi, cosa ne pensate?

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