Gli errori e i problemi che causano i disservizi della piattaforma vaccinale Covid-19 della Lombardia

La gestione delle vaccinazioni della più grande e importante regione d’Italia è diventato un caso. Vediamo di capire cosa è successo.

Due doverose premesse: questo articolo è frutto delle poche informazioni che sono riuscito a raccogliere; lo scopo di questo post è di tentare di ragionare sugli errori commessi anche per evitare di commetterli in futuro. SaluteDigitale è naturalmente a disposizione, magari dei diretti interessati, per precisare o se necessario correggere quanto scritto.

Tutto sembrava iniziare nel migliore dei modi: un budget certamente adeguato, 18,5 milioni di euro più IVA; un parterre dei migliori fornitori di soluzioni IT in Italia; ARIA, una società in-house di lunga esperienza nella sanità.

A differenza di altre regioni, ad esempio il Lazio, la Lombardia sceglieva di adottare un modello di chiamata attiva dei pazienti. Questi devono registrarsi su un portale e dichiarare la propria disponibilità a sottoporsi al vaccino Covid-19. Un algoritmo, sviluppato ad hoc, legge la lista delle adesioni e, sulla base delle agende, fissa gli appuntamenti, quindi invia una email, un SMS o esegue una telefonata per avvisare il paziente.

Questo modello, in teoria, permette di ottimizzare il riempimento delle agende centralizzando il processo di assegnazione. Che cosa allora non ha funzionato?

Il primo problema è dipeso da errori materiali nella configurazione delle agende. Inizialmente si è deciso di affidare questo compito a un fornitore che, sulla base delle indicazioni delle ATS, ha provveduto a riempire le agende. Un errore di comprensione da parte del fornitore o forse una email poco chiara su una variazione della capacità di un’agenda, inizialmente fissata a 300 slot e poi successivamente ampliata a 600, ha fatto sì che fossero fissati 900 appuntamenti anziché 600. Questo spiega perché c’è stato un overbooking, non voluto, che ha costretto molti anziani ad aspettare inutilmente un vaccino che non era disponibile.

La necessità di riprogrammare le agende, anche per ovviare a questo problema, ne ha poi determinati altri. Un altro errore che è stato commesso, indipendente dal primo, riguarda l’assegnazione della sede vaccinale che talvolta avviene a molta distanza dall’indirizzo di residenza del paziente. C’è evidentemente un problema sui criteri di calcolo della distanza, aspetto che qualcuno ha definito il problema dei CAP sbagliati.

Infine un problema ancora più grave riguarda il mancato inoltro degli avvisi ai pazienti (email, SMS o telefonata automatica). Sabato e ieri il numero degli avvisi giunti a destinazione è stato minimo, provocando così un numero davvero elevato di assenze e costringendo le ATS a chiamare i pazienti per cercare di utilizzare i vaccini disponibili.

A causa di questi problemi la regione ha deciso di utilizzare il sistema di Poste Italiane per la vaccinazione degli under 80, decretando così l’insuccesso della piattaforma gestita da ARIA.

Cosa possiamo imparare da questa lezione? Certamente il modello di chiamata attiva è più critico rispetto a quello on demand in cui i pazienti aderiscono e scelgono la data e la sede vaccinale sulla base dei criteri e le disponibilità (vedi ad esempio il Lazio). Il timore di non saturare le agende, una delle ragioni che potrebbero spingere per il modello a chiamata attiva, è teorico, specie in un contesto in cui c’è un’alta percentuale di cittadini che non aspetta altro di vaccinarsi.

Per contro il modello on demand espone a rischi di picchi di traffico sulla piattaforma web quando si “aprono” le vaccinazioni per fasce d’età. Questo è avvenuto in alcune regioni ma il problema è stato facilmente risolto con il potenziamento delle infrastrutture ed eventualmente la creazione di meccanismi di liste di attesa al servizio.

Nel modello a chiamata attiva è essenziale la capacità di raggiungere ed avvisare il paziente, con un congruo anticipo, per informarlo sulla data e la sede vaccinale. Bisogna poi considerare che gli ultra ottantenni raramente sono in grado di recarsi, da soli, ai centri vaccinali che sono spesso collocati in zone periferiche.

Un’altra considerazione che si può fare è che eventuali errori concettuali e di progettazione sono difficili da correggere in corsa, una volta avviata la campagna, a differenza di quelli infrastrutturali che possono essere risolti in tempi rapidi.

Infine possiamo affermare che tutti i processi che compongono il workflow vaccinale sono critici e che un problema in uno solo di essi compromette la riuscita della campagna vaccinale.

Sarebbe utile se, passate le polemiche, fosse possibile studiare questo caso per trarne i dovuti insegnamenti.

One thought on “Gli errori e i problemi che causano i disservizi della piattaforma vaccinale Covid-19 della Lombardia

  1. Giovanni Mangia 27 Marzo 2021 / 18:30

    Massimo, grazie per il contributo alla comprensione! Colgo questa occasione per invitarti a scrivere in merito allo scandaloso flusso (problema nazionale!) delle schede di morte (ISTAT). A presto, Giovanni

Rispondi