Analizziamo un caso in cui un modello di cura innovativo, che sfrutta al meglio le tecnologie digitali esistenti, ha permesso di ottenere una consistente riduzione dei ricoveri e un sensibile miglioramento delle cure domiciliari.
Un cambiamento dei modelli di cura sul territorio, soprattutto in relazione alla cronicità, all’invecchiamento e alle zone remote, può portare ad un miglioramento consistente della qualità dell’assistenza, della soddisfazione dei pazienti e degli operatori, con un deciso migliore utilizzo delle risorse.
Un caso emblematico può essere il Programma di Care Coordination / Home Telehealth – CCHT (Coordinamento delle cure e di teleassistenza domiciliare) della “Veteran Health Administration” (VHA) statunitense. Questo programma è stato il precursore di una visione più ampia sulla connected health, in cui gli assistiti possono interagire con il proprio sistema sanitario quando e da dove vogliono; il suo successo è attestano da alti livelli di soddisfazione del paziente e da outcome estremamente positivi.
Trasferire risorse dall’ospedale al territorio
La VHA è il maggiore sistema sanitario pubblico negli Stati Uniti, che serve circa 9 milioni di persone (veterani e loro famiglie). Nel lontano 1995 ha realizzato una profonda riorganizzazione dei modelli di cura, che ha portato in quattro anni al dimezzamento dei ricoveri ospedalieri. Ma l’intervento sugli ospedali non era isolato: contemporaneamente sono aumentate le visite ambulatoriali, che in otto anni sono raddoppiate, e sono partiti progetti pilota per potenziare l’assistenza sul territorio.
“Care coordination” per ottimizzare l’assistenza domiciliare sulla cronicità
Con una particolare lungimiranza, dal 1999 al 2003 VHA ha sperimentato alcuni progetti per rafforzare le cure primarie, per coordinare meglio l’assistenza dei pazienti a rischio di ricoveri ospedalieri ripetuti e per aiutarli a vivere in modo indipendente nelle proprie case e nella propria comunità.
Questi progetti hanno permesso di misurare una notevole riduzione nell’uso delle risorse ed alti livelli di soddisfazione del paziente; i risultati sperimentali hanno portato nel 2003 ad attivare il Programma CCHT, volto a garantire un’assistenza domiciliare di routine più sostenibile, accessibile e incentrata sul paziente. Il Programma è stato esteso gradualmente a tutti gli assistiti affetti da una o più delle principali malattie croniche: diabete, scompenso cardiaco, ipertensione, disturbo da stress post-traumatico, broncopneumopatia cronica ostruttiva e depressione.
Il modello di cure integrate per l’assistenza domiciliare è stato definito in ambito nazionale, ed ha fatto in modo di aumentare ovunque l’accesso a servizi sanitari di alta qualità, adottando in modo diffuso percorsi assistenziali e soluzioni tecnologiche uniformi, con una attenzione specifica alle zone più isolate e remote (che riguardavano metà degli assistiti). Il paziente è in collegamento con il care manager (di solito un infermiere o assistente sociale, ma in alcuni casi anche dietologi, terapisti occupazionali, medici e farmacisti), che lavora in sincronia con il medico di medicina generale e al bisogno indirizza il paziente alle strutture più adatte.
Le tecnologie più comunemente utilizzate per aiutare i pazienti a valutare il proprio stato di salute ed a gestire l’auto-cura includono messaggistica sicura, meeting virtuali e i dispositivi per il monitoraggio domiciliare. Un sistema informativo efficace, con la rilevazione di routine delle attività svolte (e con sistemi di codifica adeguati), ha permesso fin dall’inizio di misurare accuratamente gli outcome a livello locale, regionale e nazionale.
L’uso appropriato delle tecnologie esistenti
A supporto del nuovo modello di cura, VHA all’inizio ha utilizzato le tecnologie digitali dell’epoca (2003!) per fornire servizi di assistenza quando il paziente e il medico sono separati dalla distanza geografica.
Oggi il programma di Care Coordination si appoggia su tre modalità di “telehealth”:
- Clinical Video Telehealth (CVT): videoconferenza interattiva in tempo reale, con eventuali dispositivi medici di supporto, per oltre 50 specialità cliniche (336.000 assistiti nel 2017).
- Telehealth Store-and-Forward (SFT): consulenza su documentazione clinica (dati, immagini, suoni e video) scambiata con professionisti remoti tramite una piattaforma per store-and-forward asincrono (306.000 assistiti nel 2017).
- Home Telehealth (HT): presa in carico domiciliare di medio-lungo termine (Chronic Disease Management) per assistiti post-acuti e cronici, utilizzando informatica sanitaria, monitoraggio, messaggistica, video (145.000 assistiti nel 2017).
Dal 2019, a queste modalità bisogna aggiungere 294,000 sessioni video sicure con l’app “VA Video Connect”, usata da 99.000 assistiti nell’ambito dell’iniziativa “Anywhere to Anywhere”.
Un veterano può ovviamente scegliere se effettuare una prestazione in presenza oppure a distanza, ma il gradimento del servizio con telehealth è elevato (90%). Il programma CCHT ha visto infatti una continua crescita: è partito con alcune decine di migliaia di pazienti ed è stato poi esteso fino a servire più del 12% degli assistiti, arrivando ad usare le tre modalità nell’ambito di oltre 2 milioni di episodi di cura in oltre 900 sedi, per più di 900.000 pazienti.
Risultato: una forte riduzione nell’uso di risorse
Negli anni 2004-2007 il programma effettuato una prima verifica dell’impatto sul sistema; dopo soli tre anni, il programma è stato riconosciuto come un grande successo. Per gli assistiti coinvolti ha registrato una ulteriore significativa riduzione dell’utilizzo delle risorse intorno al 25% (che arriva al 50% nelle zone rurali), rispetto al dimezzamento dei ricoveri in generale già attuato negli anni precedenti.
Il numero dei ricoveri e delle giornate di degenza è sceso ancora di più negli anni seguenti.
Alcune riflessioni
- CCHT non è uno dei tanti “progetti sperimentali di telemedicina”, ma è stato impostato come un Programma di “Care Coordination”, cioè come una trasformazione profonda del modello di cura che si è avvalsa anche del valore aggiunto portato da un uso appropriato delle tecnologie; in particolare una delle tre “modalità” in realtà oggi riguarda il Chronic Disease Management. Negli anni il Programma è diventato sempre più pervasivo, raggiungendo più del 12% degli assistiti, in pratica la totalità dei pazienti che ne hanno più bisogno e ne possono trarre vantaggio.
- I progetti pilota sono del 1999. Internet, il web, gli smartphone erano agli albori. Non c’erano smartwatch, braccialetti, e dispositivi medici miniaturizzati e sensori domotici. Il successo del Programma era dovuto soprattutto al nuovo modello di cura, reso possibile già allora dalle tecnologie disponibili venti anni fa! Oggi possiamo prevedere una maggiore facilità di implementazione con soluzioni tecnologiche più amichevoli e meno costose, con una adozione più agevole da parte di operatori e cittadini e con un supporto più efficace sul modello di cura.
- Chiaramente in casi come questo il cambiamento diffuso del modello di cura è stato sostenuto da un forte impegno del management, coinvolgeva un numero elevato di fattori e richiedeva un sostanziale, progressivo cambio di mentalità nei professionisti e negli assistiti. La natura pervasiva della trasformazione realizzata non permette di effettuare studi caso-controllo su coorti di pazienti. Anche la valutazione a posteriori dell’impatto è complessa e comunque non è “esportabile” in altri scenari:
- Il modello di cura evolve nel tempo, con miglioramenti continui.
- La motivazione e l’adesione degli operatori evolvono anche loro, insieme alla propensione ed alla capacità di scambiare i dati giusti al momento giusto nell’ambito di un percorso di cura condiviso.
- Le tecnologie permettono soluzioni sempre più performanti con un migliore rapporto costi-benefici.
- Anche gli outcome migliorano progressivamente negli anni iniziali.
- L’Amministrazione dei Veterani gestisce un sistema sanitario pubblico. Ha adottato il Programma CCHT dopo una profonda riorganizzazione del sistema di assistenza che aveva già dimezzato drasticamente le degenze ospedaliere e aumentato i servizi ambulatoriali. Certamente VHA è una organizzazione molto strutturata, con una catena decisionale particolarmente efficace; questo tuttavia non giustifica un ritardo di venti anni per diffondere in modo sistematico, uniforme e pervasivo un approccio simile nel nostro Sistema Sanitario.
- La riduzione delle risorse necessarie non porta automaticamente ad una riallocazione ottimale delle risorse complessive o ad una riduzione della spesa complessiva. Tuttavia, l’attuazione progressiva in venti anni di un simile programma ha permesso VHA di mettere a punto il modello, di perfezionarlo nel tempo e di gestire una riallocazione delle risorse altrettanto graduale. Comunque, il minor utilizzo di risorse del 25% che è stato misurato, dovuto al miglioramento nella gestione delle malattie croniche (70-80% della spesa sanitaria totale) ha una potenzialità che in teoria potrebbe arrivare al 15-20% della spesa sanitaria: equivarrebbe a circa un MES ogni due anni!
Una chiara esposizione, grazie!
Mi auguro che la disastrosa esperienza degli ultimi tempi faccia intuire ai nostri politici che è assolutamente necessaria una diffusione sul territorio di una capillare presa in carico dei pazienti fragili per monitorare fenomeni che possono scaturire un’altra pandemia.
Buon lavoro
Marina Segati