Una best practice nell’emergenza: un sistema di telemonitoraggio in funzione in un’intera Nazione

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L’emergenza Covid19 è stata sottovalutata nella sua fase iniziale soprattutto in molti Paesi del Nord Europa e, fra questi, i Paesi Bassi. Un Paese con oltre 17 milioni di abitanti che soltanto in questi ultimi giorni ha capito che la situazione di emergenza sanitaria doveva essere gestita.

Il loro approccio alla gestione della crisi assomiglia molto a quello britannico: ci si prepara al peggio ma non ci si preoccupa più di tanto di dar corso a campagne diagnostiche di massa.

Il loro problema era e rimane quello di tenere sotto controllo il fenomeno evitando l’ospedalizzazione.

Come noto, il sistema assicurativo olandese è privato e gli ospedali tendono a ricoverare il meno possibile. Questo è mediamente un bene in condizioni normali, anche perché gli olandesi (e gli expat residenti) hanno accesso a un sistema di cura primaria piuttosto ben attrezzato e capace di filtrare casi che qui in Italia, molto probabilmente, finirebbero in Pronto Soccorso.

Questo sistema non regge benissimo invece in condizioni di emergenza, e lo si vede nonostante gli olandesi sembrino molto meno preoccupati di noi perlomeno in questa loro prima fase (per rendere l’idea, nelle ultime 24 ore nei Paesi Bassi sono stati diagnosticati 292 contagi e sono state contate 19 vittime).

C’era un problema, nei giorni scorsi: come monitorare efficacemente la popolazione in un contesto dove, salvo cambiamenti dell’ultimo momento, si è deciso di non forzare la mano rispetto alla libertà di movimento dei cittadini e non si sono attivate campagne “per restare in casa”.

Il problema ha trovato una soluzione, e questa soluzione è indubbiamente interessante oltre a poter essere adottata anche in contesti dove la cittadinanza è obbligata a non uscire.

Telemonitoraggio di massa.

In questo momento la App di telescreening (si chiama “Luscii”) è utilizzata dal 50% degli ospedali olandesi e i medici di famiglia, che nei Paesi Bassi sono pagati dalle assicurazioni sanitarie, le stesse che remunerano gli ospedali e che quindi hanno tutto l’interesse a spostare la spesa sulla cura primaria, hanno “fortemente” invitato i loro assistiti a scaricarla e utilizzarla una volta al giorno con regolarità. Non ci sono dati pubblici che quantificano gli olandesi che utilizzano l’App, ma pare che siano alcuni milioni.

L’App richiede ogni giorno ai cittadini una serie di informazioni: mal di gola, congestione nasale, difficoltà di respirazione, tosse, temperatura corporea e restituisce grafici che rappresentano l’andamento temporale.

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Il sistema centrale del Provider raccoglie tutte le informazioni ricevute e un software filtra quelle che evidenziano anomalie, che vengono gestite da un contact center per approfondimenti ed eventuali follow-up clinici.

Pare che nei prossimi giorni questa App sarà portata nella totalità degli ospedali e promossa dalla totalità dei medici di cura primaria in modo da coprire l’intero Paese.

Il risultato, perlomeno dopo questi primi giorni di adozione della soluzione, sembra essere incoraggiante in termini di minor intasamento dei Pronto Soccorso e di riduzione degli accessi impropri ai medici di cura primaria.

La soluzione è sicuramente interessante e potrebbe tranquillamente essere calata (o “copiata”) in una realtà come quella italiana, con l’obiettivo di mantenere sotto controllo anche soggetti sani senza appesantire il carico di lavoro dei MMG/PLS e le strutture ospedaliere.

Presenta anche il vantaggio di intercettare trend preoccupanti nello stato di salute dei soggetti monitorati (ancorché oggi “sani”) e di attivare l’emergenza in tempi molto rapidi nel caso di forte sospetto di avvenuto contagio.

Ancora una volta, dalle varie branche della telemedicina arriva una buona idea a basso costo ed alta efficacia.

 

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