In molti progetti si dà per scontato che i pazienti siano in grado di accedere ad internet, adoperare app, utilizzare delle credenziali digitali per l’identificazione. Ma è proprio così?
Cominciamo con esaminare qualche dato. In Italia 18 milioni di persone non hanno mai usato internet nell’ultimo anno. Molti di questi hanno la licenza media ed elementare, spesso hanno più di 55 anni, e abitano in prevalenza lontani dalle grandi città.
Si tratta di una parte importante della popolazione che ususfruisce di prestazioni e servizi sanitari e che presenta, rispetto alle persone com un più alto livello di istruzione, maggiori problemi di salute.
Che dire poi di SPID che rappresenta la chiave di accesso a tanti servizi digitali, a cominciare dal Fascicolo Sanitario Elettronico? Gli ultimi dati del sistema di monitoraggio nazionale certificano poco meno di cinque milgioni di identità digitali rilasciate al 15 ottobre 2019.
Esaminando poi la distribuzione per fascia di età, scopriamo ad esempio che i 65 enni e oltre dotati di SPID sono solo 175.000 (pari allo 0,01 % della popolazione di questa fascia di età).
L’atteggiamento di chi ha la responsabilità di decidere e progettare servizi digitali spesso oscilla tra chi semplicemente non considera questo problema a chi viceversa blocca qualsiasi iniziativa di questo genere a causa del digital divide, così da non discriminare una fascia importante di cittadini.
A mio avviso entrambi gli atteggiamenti sono sbagliati. Se da un lato non è possibile fermare il progresso e sfruttare le enormi potenzialità che la salute digitale può offrire, non è però possibile ignorare il problema senza fare nulla di concreto per risolverlo. Bisogna dunque considerare, in questi progetti, come coinvolgere ed educare i cittadini all’uso di queste tecnologie, come consentire loro di utilizzarle se ad esempio non possiedono uno smartphone o una connessione ad internet.
Ad esempio i centri per gli anziani, le parrocchie, le scuole, i patronati, potrebbero assolvere a questa funzione anche con l’ausilio di studenti o volontari.
Non basta dunque progettare e realizzare dei servizi, ma bisogna preoccuparsi attivamente di come fare in modo che questi siano realmente utilizzabili dalla popolazione. Altrimenti il rischio di spendere inutilmente soldi e risorse è assai elevato.