Sul BMJ Open Journal è stato pubblicato uno studio osservazionale sulle ricerche effettuate su Google dai pazienti che si sono recati in un pronto soccorso.
I media digitali catturano e documentano un segmento crescente della vita delle persone attraverso i siti visitati e i contributi inseriti nei social media. Molte di queste tracce digitali riflettono la salute. I post su Facebook, Twitter e Instagram possono rivelare comportamenti, sintomi o diagnosi legati alla salute.
Mentre non mancano esempi di uso aggregato di dati sulle ricerche per comprendere fenomeni di salute, ad esempio Google Flu Trends, lanciato nel 2008, che mirava a collegare le epidemie influenzali alle ricerche sui sintomi correlati all’influenza, è molto più difficile studiare associazioni a livello individuale, perché le cronologie di ricerca e le condizioni di salute personali sono private e richiedono un consenso a livello individuale per l’osservazione.
Per studiare questo fenomeno Jeremy M Asch, David A Asch, Elissa V Klinger, Justine Marks, Norah Sadek e Raina M Merchant, hanno realizzato uno studio osservazionale per rispondere a tre domande su i pazienti che si presentano ad un grande pronto soccorso:
- i pazienti condivideranno i loro dati di ricerca in modo che possano essere analizzati in associazione con le loro cartelle cliniche elettroniche?
- c’è una variazione nelle ricerche relative alla salute che porta ad una visita al pronto soccorso ?
- cosa cercano i pazienti?
Da marzo 2016 a marzo 2017, i ricercatori si sono rivolti a pazienti in cerca di cure in un pronto soccorso di un grande ospedale urbano, chiedendo loro se erano interessati a partecipare alla ricerca e se avevano un account Google. Sono stati informati che solo le ricerche passate sarebbero state recuperate, che avrebbero potuto rivedere i loro dati di ricerca di Google prima di condividerli con il team di ricerca, e che il team non poteva accedere alle ricerche effettuate dopo il reclutamento. I partecipanti potevano partecipare a un sorteggio con una probabilità del 2% di ricevere una carta regalo da 40 dollari. Tutti i pazienti hanno fornito il consenso scritto per essere considerati idonei.
Utilizzando un computer portatile, i ricercatori hanno navigato su takeout.google.com dove ai partecipanti è stato chiesto di scaricare i file zip dei loro dati di utilizzo di Google. I file di ricerca scaricati contenevano, con data e ora, ciò che gli utenti avevano digitato nella loro barra di ricerca di Google, indipendentemente dal browser utilizzato. Da notare che molti utenti rimangono connessi a Google perché usano Gmail o altre applicazioni di Google che in questo modo non richiedono il login. I partecipanti hanno potuto visualizzare i propri dati e determinare se volevano condividere il file con il team di ricerca.
Dei 703 pazienti che si sono recati al pronto soccorso, 411 (58%) hanno accettato di partecipare alla ricerca, di cui 334 (81%) hanno riferito di avere un account Google; 165 di questi pazienti (49%) hanno acconsentito a condividere l’accesso a tutti i dati della cartella clinica elettronica e a tutte le precedenti ricerche Google. La coorte finale comprendeva 103 partecipanti; nessuno ha censurato i propri dati storici di ricerca.
I 103 partecipanti avevano svolto 591.421 richieste di ricerca uniche (media 5.742; range 2-51.751); il 6% era legato alla salute. Ottantasei partecipanti hanno effettuato ricerche nei 7 giorni precedenti la visita al pronto soccorso; il 15% era legato alla salute. Tra questi 86 pazienti, 54 (63%) hanno cercato proporzionalmente di più per argomenti relativi alla salute nei 7 giorni precedenti l’accesso al pronto soccorso; 46 (53%) hanno cercato informazioni correlate al loro principale disturbo (ad esempio, ‘Come alleviare la pressione sinusale’ con un disturbo principale di ‘Cefalea’); Tredici pazienti (15%) hanno cercato indicazioni o altre informazioni logistiche sul pronto soccorso o altre strutture sanitarie. La maggior parte delle ricerche prima di una visita al pronto soccorso rifletteva argomenti non legati alla salute.
Lo studio ha rivelato un elevato tasso di partecipazione alla ricerca che può sorprendere in un contesto di grande preoccupazione per la privacy nell’uso di internet e sui dati sanitari.
Molte delle ricerche dei partecipanti erano legate alla salute, suggerendo l’opportunità di comprendere meglio le conoscenze, gli atteggiamenti e i comportamenti dei pazienti. Queste ricerche rivelano anche alcune lacune nella comunicazione sanitaria tradizionale. Un partecipante ha cercato “quanto è grande una noce”, seguito da “cos’è un tumore fibroso? Consultando la sua cartella clinica elettronica si è scoperto che, in un precedente contatto ospedaliero, al paziente era stato riferito di un tumore fibroso della grandezza di una noce. Le ricerche successive a questo episodio, compiute dal paziente, suggeriscono che il messaggio potrebbe non essere stato ben compreso. Le cronologie di ricerca possono quindi rivelare lacune nella comprensione dei pazienti.
Le ricerche relative alla salute sono raddoppiate prima di una visita al pronto soccorso, suggerendo l’opportunità di comprendere meglio le preoccupazioni dei pazienti prima di cercare cure in un ospedale. Più specificamente, nella settimana prima della visita al pronto soccorso, il 15% dei partecipanti ha cercato informazioni geografiche o logistiche e il 53% ha cercato informazioni cliniche inerenti la loro visita. I partecipanti hanno spesso cercato più volte argomenti relativi alla salute prima di prendere la decisione di andare in ospedale. Questi risultati suggeriscono la capacità di anticipare la domanda anche per i pazienti che visitano il pronto soccorso.
Nei contesti di vendita online, i termini di ricerca attualmente indirizzano gli annunci pubblicitari mirati. Si può immaginare di prevedere la domanda di servizi ospedalieri nello stesso modo in cui gli inserzionisti prevedono le vendite. Attraverso le ricerche sarebbe possibile predire le malattie più gravi e suggerire ai pazienti il ricorso alle cure mediche. Sapendo cosa cercano i pazienti prima di un ricovero ospedaliero, si potrebbe ottenere una migliore comprensione di come rispondere a ciò che conta di più per i pazienti.
Chiaramente, rispetto alla pubblicità mirata, il rischio di falsi positivi e negativi sarebbe assai alto. Tuttavia Google fornisce già negli Stati Uniti informazioni sui servizi di prevenzione dei suicidi quando si inseriscono termini di ricerca che suggeriscono un intento auto-lesionista.