L’ospedale virtuale non attecchisce in Europa: il caso Irlanda e il mancato accordo con Mercy

Dopo quasi un anno di confronti e discussioni, Mercy Virtual ha interrotto le trattative con il sistema sanitario irlandese (HSE) per l’apertura di due ospedali virtuali a Dublino e Cork.

Mercy Virtual, il primo ospedale virtuale al mondo, è stato aperto a fine 2015 grazie ad un investimento di 54 milioni di dollari da parte dell’ordine religioso delle Sorelle della Misericordia che gestisce 44 ospedali per acuti e una rete di oltre 700 medici che servono pazienti in Arkansas, Kansas, Missouri, Oklahoma e in alcuni altri stati americani.

Il Mercy Virtual è un ospedale senza letti in cui, in quattro piani, operano 600 tra medici ed infermieri che, attraverso 160 postazioni di lavoro, supportano e monitorano l’assistenza di oltre 10.000 pazienti al giorno. Un medico tiene d’occhio sei monitor allo stesso tempo e controlla i pazienti a casa per assicurarsi che stiano assumendo correttamente i loro farmaci e valuta i loro segni vitali con sensori biometrici e un kit di assistenza “virtuale” che può includere un iPad e sensori da usare a casa una volta dimessi dall’ospedale.

A spingere Mercy Virtual ad abbandonare le trattative è stata la mancanza di leadership all’interno del HSE e l’assenza di un modello organizzativo che potesse remunerare le sue attività. Gli ospedali con cui avrebbe dovuto operare Mercy sono stati molto restii nel considerare il nuovo modello di cura che non comporta benefici diretti per queste strutture che sono finanziate in base alle attività svolte in modo tradizionale. Alcune di esse avevano il timore di tagli al loro budget e lamentano la mancanza di fondi per l’innovazione e l’adozione di nuovi modelli di cura.

Un’ulteriore complicazione ha poi riguardato le modalità per l’assegnazione del servizio al Mercy Virtual che non potevano prescindere dalle norme irlandesi e d europee che regolano gli appalti pubblici di servizi.

Per tutte queste ragioni i responsabili del Mercy Virtual hanno quindi deciso di interrompere i negoziati e concentrarsi sul loro business negli Stati Uniti.

Tutta la vicenda dimostra, ancora una volta, come i cambiamenti nelle sanità pubbliche dell’Europa occidentale siano difficili da realizzare quando essi richiedono una profonda trasformazione che non è solo digitale ma sopratutto organizzativa e gestionale. È un processo che deve essere affrontato in modo olistico, considerando tutti gli aspetti sul tavolo e adeguando il modello sanitario sulla base delle trasformazione che si vuole realizzare. Copiare o cercare di adottare esperienze che sono state realizzate in contesti molto diversi, come la sanità USA, può risultare controproducente e portare al fallimento di iniziative che altrove costituiscono un successo e un esempio da imitare.

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