Innovazione e vecchie codifiche: un paradosso italiano

La trasformazione digitale della sanità è condizionato non soltanto dalla scelta di replicare paradigmi e processi basati sulla carta ma anche dall’inadeguatezza e la vetustà dei sistemi di codifica, quando ci sono. Quali sono le conseguenze di questa situazione ?

A differenza di altri paesi, l’Italia adopera ancora la nona edizione della classificazione internazionale delle malattie, traumi e cause di morte (ICD) nella versione CM (ICD-9-CM), pubblicata nel 1979. Quella attualmente in uso, per la compilazione della Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO), è l’edizione del 2007.

Questa codifica è stata nel tempo utilizzata non soltanto nei sistemi ospedalieri ADT ma ha trovato applicazione nelle cartelle cliniche elettroniche, anche della medicina di famiglia e in numerosi altri software. Anche il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) prevede, per il Profilo Sintetico Sanitario (PSS) l’uso di ICD-9-CM (o di ICD 10) per la codifica dei problemi di salute.

Nel tempo i limiti della versione 9-CM hanno spinto l’OMS ha definire una nuova versione, la decima, per consentire una maggiore accuratezza della codifica e migliorarne l’uso nella pratica clinica. ICD-10, pubblicata nel 2000, possiede 68.000 codici (contro i 13.000 di ICD-9), considera l’eziologia, la sede anatomica, la severità del problema e fornisce ulteriori dettagli clinici.

L’uso di ICD-9-CM all’interno delle cartelle cliniche, o del PSS, non è sufficiente per descrivere adeguatamente un problema clinico; per questa ragione i medici sono costretti ad aggiungere, come testo libero, ulteriori informazioni per dettagliare il problema, definirne la sede anatomica e la severità.

L’introduzione di ICD-10 migliorerebbe la situazione e consentirebbe di definire maggiori controlli sulla coerenza e la correttezza dei dati inseriti, nonché adoperare in modo più efficiente altre risorse, come ad esempio i Clinical Decision Support System (CDSS).

Il paradosso è che la versione italiana di ICD-10 esiste ed è anche aggiornata al 2016 ma non è utilizzata in attesa che il Ministero della Salute decida di aggiornare l’intero processo di compilazione della SDO da cui poi, a cascata, si potrebbe estendere a tutti gli altri ambiti dove la codifica dei problemi è impiegata.

I problemi delle codifiche non si limitano però soltanto all’ICD. Per la codifica dei risultati degli esami di laboratorio nel referto del FSE è stato scelto LOINC ma l’implementazione di questa codifica è a carico delle regioni e delle province autonome che devono mappare LOINC ai loro cataloghi delle prestazioni (tra loro differenti). Questo processo è in forte ritardo, nonostante le tempistiche previste dal piano FSE.

C’è poi un’ulteriore incongruenza: nel PSS, nella sezione indagini diagnostiche ed esami di laboratorio, non è prevista la codifica LOINC ma quella dei cataloghi regionali che è disomogenea tra le diverse regioni.

L’ICF, ovvero la classificazione internazionale del funzionamento, delle disabilità e della salute è poco usata in Italia ed è un vero peccato perché rappresenta, per diversi aspetti, l’evoluzione e il completamento naturale di ICD-10.

L’Italia non è poi presente in SNOMED anche se, in alcuni ambiti (ad esempio anatomia patologica), se ne utilizzano dei sottoinsiemi. È una scelta difficile da comprendere, considerando che vi aderiscono anche paesi (ad esempio l’Estonia) che sono molto più piccoli dell’Italia.

Che dire dunque ? In questo campo siamo rimasti indietro. Anche nell’era dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie non è possibile trascurare un aspetto fondamentale della digitalizzazione della sanità. È un problema che è stato sollevato più volte, ampiamente conosciuto dagli addetti ai lavori che però non ha avuto finora risposte adeguate. Speriamo nel futuro.

One thought on “Innovazione e vecchie codifiche: un paradosso italiano

  1. Vincenzo Camerino 8 Ottobre 2018 / 19:54

    Quella delle codifiche è una delle criticità più grandi per la sanità digitale in Italia. L’opportunità di adottare standard internazionali quali SNOMED, LOINC e ICD-10 si scontra purtroppo con un quotidiano fatto di non meglio definite codifiche adottate a livello di ASL o peggio di DSS (penso a vaccinazioni, categorie di rischio, PPIP, ecc.). Gli stessi cataloghi regionali delle prestazioni specialistiche, di recente introduzione, rappresentano un’opportunità sprecata in questo senso. Confidiamo nell’interoperabilità UE prevista per il PSS.

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