Covid-19, quando i dati non forniscono informazioni

Fonte: Lab24 – Il Sole 24 Ore

I dati che vengono diffusi sull’impatto del Covid-19 sull’occupazione di posti letto negli ospedali non sono del tutto significativi.

L’arrivo dell’estate, anticipata da una forte ondata di calore già dagli inizi di giugno, non ha portato una riduzione del numero di infezioni che al contrario, complici la variante Omicron 5 e lo scarso uso delle mascherine, stanno avendo un forte incremento.

Il Covid-19 sta trasformandosi da pandemia a endemia, una malattia infettiva con cui dovremo probabilmente convivere per diverso tempo. Per fortuna le nuove varianti colpiscono le alte vie respiratorie e grazie anche alla vaccinazione le conseguenze per coloro che ne sono affetti sono lievi e si risolvono in pochi giorni.

Questo quadro di relativa serenità si scontra però con i dati che ogni giorno vengono diffusi sul numero di posti letto occupati, sia nei reparti ordinari, sia nelle terapie intensive, da pazienti Covid-19, entrambi in sensibile crescita.

I dati indicano il numero di persone ricoverate che hanno il Covid ma non specificano se questo è il motivo del ricovero o se invece sono pazienti che sono stati ricoverati per altre patologie e che sono risultate positive al tampone molecolare. La differenza è rilevante. I dati che abbiamo non permettono di comprendere il livello di gravità delle complicanze del Covid che determinano la necessità di cure ospedaliere ma riflettono una distribuzione statistica dell’andamento dell’infezione sulla popolazione di persone presenti in ospedale.

Tutto ciò induce però a una riflessione. A due anni dall’inizio della pandemia abbiamo un sistema di monitoraggio della rete ospedaliera di tipo quantitativo e non qualitativo. Speriamo di non dover aspettare la prossima pandemia per dotarci di un sistema più preciso nel misurare lo stato di salute della popolazione.

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