Come misurare l’appropriatezza prescrittiva

Il governo dei tempi di attesa delle prestazioni specialistiche prevede il rispetto di criteri di prescrizione indicati nei Raggruppamenti di Attesa Omogenea.

Il metodo RAO (Raggruppamenti di Attesa Omogenea) ha l’obiettivo di differenziare i tempi di attesa per i pazienti che accedono alle prestazioni specialistiche ambulatoriali in base a criteri clinici espliciti.

Questi sono stati definiti mediante delle definizioni, concordate da Agenas con le società scientifiche dei medici e le loro associazioni, basate su indicazioni cliniche attraverso “parole chiave” per ciascun gruppo di priorità clinica per le quali sono stati indicati i tempi di attesa ritenuti adeguati. Questi criteri sono stati pensati per essere di aiuto alla decisione per il medico che prescrive la prestazione, coerenti con l’appropriatezza clinica.

Il medico, quando prescrive una prestazione, deve indicarne la priorità e definire il quesito diagnostico, ossia la motivazione per la quale richiede la visita o l’esame.

La corretta individuazione della classe di priorità e l’uso appropriato delle prestazioni è indispensabile per contenere i tempi di attesa, modulando la domanda di prestazioni sanitarie in funzione della reale urgenza e della loro necessità. In un contesto in cui la capacità di offerta non può essere estesa in modo lineare con la crescita della domanda diventa imperativo agire su questa in modo da evitare sprechi.

Misurare l’appropriatezza non è però semplice. I quesiti diagnostici sono spessi formulati con abbreviazioni, sinonimi e termini che non sempre trovano corrispondenza con quanto previsto nei criteri RAO.

Prendiamo ad esempio la prescrizione di una colonscopia per la presenza di sangue occulto nelle feci di un paziente che, secondo i criteri RAO, deve essere classificata come D – Differibile, ossia eseguita entro 60 giorni dalla sua richiesta.

Il quesito che il medico inserisce può essere, ad esempio, così formulato:

LIEVE ANEMIA CON POS. SOF, familiarita’ per k.colon

La prescrizione che il medico ha classificato come D è appropriata? Rientra in uno dei criteri RAO?

Per rispondere a questa domanda è necessario eseguire un’annotazione semantica del quesito diagnostico estraendo dal testo i concetti clinici che il medico ha espresso.

Fonte: Artexe

Grazie a questa operazione possiamo valutare come appropriata la prescrizione dal momento che il quesito è conforme ai criteri RAO (presenza sangue occulto nelle feci, abbreviato con SOF). L’annotazione semantica estrae tutti i concetti e li codifica utilizzando l’ontologia UMLS.

Per fare questo tipo di elaborazioni occorre un sistema informativo in grado di leggere le prescrizioni, sottoporle prima a un motore di analisi semantica e ontologica, poi a un motore di valutazione basato su regole per classificarle in tre casistiche:

  • Appropriate
  • Inappropriate per urgenza della prescrizione non coerente con il RAO
  • Inappropriate per scenario clinico non contemplato nel RAO oppure perché il quesito diagnostico è inconsistente o incompleto.
Fonte: Artexe

Con un sistema informativo di questo tipo è dunque possibile esaminare grandi quantità di prescrizioni, misurare l’appropriatezza e valutarle insieme con i medici in modo da migliorare la qualità e l’accuratezza del processo di prescrizione. Questo è ciò che sta facendo la Regione Sardegna su un volume di 22 milioni di prescrizioni, iniziando da visite oculistiche, cardiologiche, colonscopia, EGDS e RM della colonna.

Quali possono essere i risultati e i benefici che si possono ottenere? Secondo la società che ha realizzato il sistema informativo, in un progetto con un’azienda sanitaria in cui sono state elaborate 45.000 prescrizioni, l’appropriatezza iniziale è stata del 30%. Grazie a un processo continuo di miglioramento basato sul modello Plan, Do, Act e Check, dopo due anni il valore è salito al 50% per poi arrivare dopo quattro anni a circa il 70%.

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