Digitalizzare senza trasformare, il paradosso dell’innovazione tecnologica in sanità

La digitalizzazione è di per sé un valore? Quali benefici concreti comporta? La verità è più complessa, si può digitalizzare senza trasformare, cioè senza migliorare le cose.

Il PNRR, come era facilmente prevedibile, ha provocato una forte spinta ai progetti di digitalizzazione della sanità. Le regioni hanno chiesto alle loro aziende sanitarie progetti su come impegnare i fondi disponibili e queste hanno girato la domanda ai loro dirigenti e funzionari.

Ci sono i soldi e bisogna spenderli” è la frase ricorrente che chiunque lavori in questo settore si sente ripetere in continuazione. Finalmente, dopo anni di carestia, abbiamo le tanto agognate risorse economiche.

Tutto bene allora? Non proprio. Il problema è “per farci cosa?”. Se ci pensate è ciò che di solito succede a una persona quando, improvvisamente, riceve una rilevante somma di denaro (ad esempio una vincita alla lotteria). Se non è abituato a un certo tenore di vita è molto probabile che sperperi, in poco tempo, tutto ciò che ha ottenuto.

È ciò che sta succedendo nel caso dei fondi del PNRR per la digitalizzazione della sanità. Ci sono molti progetti che si limitano a prevedere la realizzazione di sistemi informativi per gestire dei processi oggi gestiti in modo analogico o destinati a sostituire software obsoleti.

Non c’è spesso la percezione da parte delle aziende sanitarie di come le tecnologie digitali possano abilitare nuovi modelli per la tutela e la cura della salute e consentire la rivisitazione dei processi clinici e assistenziali attuali. Ci si limita a una mera innovazione tecnologica senza generare valore per i pazienti, i professionisti, il sistema sanitario.

Ecco perché questi progetti sono volti a eliminare la carta (dematerializzazione) o per svolgere a distanza attività che si svolgono in presenza (vedi filone della telemedicina).

Manca, quasi sempre, un chiaro e misurabile obiettivo volto a perseguire, attraverso la digitalizzazione, l’aumento dell’efficienza, ossia fare di più a parità di risorse, incrementare l’efficacia (qualità), ossia ottenere risultati migliori in termini clinici e assistenziali, anche evitando gli errori e gestendo il rischio clinico, ridurre la spesa attraverso l’incremento dell’appropriatezza o l’ottimizzazione della logistica. Purtroppo neanche le aziende IT del settore possiedono questa visione per la semplice ragione che non conoscono a fondo i processi e le problematiche delle aziende sanitarie.

L’aspettativa è che la digitalizzazione rappresenti di per sé un beneficio per la sanità, a prescindere da come venga realizzata. Ma come allora è possibile uscire da questo tunnel? Ciò che servirebbe sono dei percorsi formativi di “empowerment digitale” per i professionisti sanitari (medici, infermieri, dirigenti e funzionari) per consentire loro di comprendere cosa possono fare le tecnologie digitali e consentire loro di ragionare su come utilizzarle per rivedere, in chiave migliorativa, i processi clinici e assistenziali attuali e progettare nuovi modelli clinici digitali.

È un tema su cui mi impegnerò nei prossimi mesi, anche attraverso questo blog, per cercare di aiutare le aziende sanitarie a spendere bene i fondi che gli verranno assegnati. Magari evitando, in futuro, la classica chiamata di un medico o di un dirigente che mi chieda: “mi dai qualche idea per realizzare un progetto su …

Rispondi