Digitalizzare la burocrazia, il modo sbagliato di concepire l’innovazione

Consentire di gestire, attraverso la digitalizzazione, gli adempimenti che la burocrazia ha introdotto nel tempo, è il modo corretto di innovare e semplificare la vita ai cittadini?

L’ultimo esempio è la norma, approvata da Vittorio Colao, il ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, in accordo con gli uffici del Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, “per permettere ai cittadini di iscrivere e gestire online il proprio domicilio digitale, direttamente dall’anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), accedendo con SPID e CIE”. Dal 15 novembre sarà così possibile, gratuitamente, ottenere online 14 diversi certificati anagrafici.

Una bella iniziativa, anche se a onor del vero già diversi comuni forniscono questa funzione.

Ma perché non eliminare i certificati? I soggetti che li richiedono potrebbero, con il consenso dell’interessato, accedere a ANPR e svolgere in autonomia questa funzione, senza richiedere ai cittadini di produrre i certificati.

Il problema però non sono soltanto i certificati. Vi riporto due esempi che ho vissuto di recente. Per accreditare la mia azienda sul portale Consip per il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, ho dovuto inserire una quantità notevole di informazioni, buona parte delle quali presenti in banche dati pubbliche (dati anagrafici e dati societari). Ma non basta. Ho dovuto anche indicare la PEC dell’agenzia delle entrate competente per territorio.

Per un progetto finanziato con la Regione Toscana ho dovuto invece produrre, per adempiere agli obblighi per l’antimafia, l’elenco di tutti i miei parenti sino al secondo grado. Su una materia così delicata mi auguro che i controlli vengano svolti, a prescindere da ciò che si dichiara, accedendo ai servizi anagrafici, al casellario giudiziario e al registro imprese e non si basino sulle liste che i soci delle aziende forniscono e che potrebbero essere incomplete.

La digitalizzazione della burocrazia è però molto più ampia. Cosa dire dei moduli in PDF, spesso privi di campi editabili, che si è costretti a stampare, compilare a mano, scansionare e poi inviare tramite email, con buona pace della sicurezza e della privacy (a meno che non si sappia come modificare un PDF)?

E che dire poi della marca da bollo (in Germania è stata abolita nel 1991)? Con un colpo di genio si è realizzata la marca da bollo digitale!

Per innovare la Pubblica Amministrazione non basta trasformare in digitale moduli, certificati e marche da bollo, in altre parole digitalizzare la burocrazia. Bisogna invece ridurla rivedendo i processi alla luce delle potenzialità che l’informatizzazione della PA consente. Non è il cittadino che deve preparare o predisporre le pratiche per i funzionari pubblici!

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