I portali che le regioni hanno predisposto per la campagna vaccinale Covid-19 saranno in grado di sostenere la campagna massiva prevista per i prossimi mesi?
In principio i problemi maggiori si sono avuti per l’inadeguatezza delle infrastrutture. L’accesso contemporaneo di alcune migliaia di utenti ha messo in crisi diversi siti regionali. Il problema è stato gestito sia con il potenziamento dei server, sia in qualche caso predisponendo dei meccanismi di attesa per regolare il traffico.
I limiti di questi portali si sono però evidenziati con l’allargamento della platea dei vaccinandi. Se è molto facile controllare l’età del paziente, in caso di organizzazione per fasce, mediante ad esempio il codice fiscale, è molto più problematico stabilire se un utente è effettivamente un insegnante, un lavoratore delle categorie a rischio oppure un soggetto fragile. Nei primi due casi ci si affida ad autocertificazioni.
Riguardo invece la vulnerabilità dei pazienti, i codici di esenzione che alcuni siti richiedono, ad esempio quello della regione Lazio, non permettono di profilare in modo corretto il rischio clinico, come lamentano i medici di medicina generale.
La mancanza di vere anagrafi sanitarie si sta rivelando, come era facile prevedere, un grosso problema per profilare la popolazione e definire quindi una strategia vaccinale che non sia unicamente basata sull’età.
La complessità della logistica e la gestione delle agende sono poi due altri grandi problemi. Servono un forte coordinamento tra chi programma le agende, la disponibilità di personale e fiale, il controllo sull’andamento delle inoculazioni. È stato questo, ad esempio, uno dei motivi del flop del sistema regionale lombardo che ha causato molti annullamenti di appuntamenti già fissati. Questo, insieme ad altre ragioni, ha spinto la Lombardia ad abbondare il proprio portale per aderire al sistema di Poste Italiane.
Diverse criticità si sono anche avute nelle regioni che hanno deciso di chiamare i cittadini. Spesso gli over 80 non sono autonomi e hanno bisogno di essere accompagnati. Telefonare loro per fissare un appuntamento può dunque essere difficoltoso; meglio, da questo punto di vista, la soluzione in cui sono i cittadini, o i loro caregiver, a scegliere e fissare la data della vaccinazione.
Tutti questi aspetti hanno certamente facilitato la vita ai vari “furbetti del vaccino” che in numero cospicuo sono riusciti a farsi vaccinare in barba ai criteri fissati. La scelta che le regioni sono chiamate a fare è se imporre dei limiti e mettere controlli, a rischio però di escludere ingiustamente delle categorie a rischio, oppure accettare una percentuale di inappropriatezza. Fidarsi o meno di ciò che indicano i medici di famiglia? E per quelli che non collaborano, chi definisce le priorità?
La forte eterogeneità delle soluzioni messe in campo non aiuta certamente a realizzare una strategia nazionale in cui, almeno per una volta, i cittadini italiani possano godere degli stessi diritti e degli stessi servizi. Le statistiche sulle vaccinazioni fotografano una realtà sanitaria che, per la verità, non è quella consueta del divario nord – sud.
Se non si cambia approccio anche l’emissione e la fruizione del passaporto vaccinale rischia di diventare un caos. Speriamo, almeno in questo caso, in una soluzione nazionale.
Per finire lasciatemi commentare la notizia di questa mattina che riporta che il governo starebbe studiando, tra i criteri di accesso alle vaccinazioni, l’impiego dell’ordine alfabetico del cognome. Non vorrei essere nei panni di un Vanacore o di uno Zurolo.