Digital Transformation: quanti anni servono per trasformare il sistema salute?

La trasformazione dei modelli di cura e l’adozione delle tecnologie devono andare di pari passo. Una roadmap pluriennale di Integrated Care richiede una precisa programmazione delle iniziative regionali e locali, per evitare una difficile armonizzazione a posteriori dell’intero ecosistema. Analogamente, anche le tecnologie introdotte devono potersi amalgamare di volta in volta in un substrato comune.

L’esempio di Badalona (Catalogna) qui descritto riguarda un percorso di cambiamento che ha impiegato 13 anni; speriamo che oggi in Italia si possa realizzare più velocemente: le pressioni demografiche ed economiche incalzano.

Questo contributo fa parte di una serie di articoli sui modelli di assistenza territoriali, assistiti alle tecnologie.

Di solito le iniziative di Integrated Care vengono progettate, realizzate e presentate singolarmente, senza considerare le relazioni con le altre iniziative attivate nella stessa località. In realtà esse fanno parte o dovrebbero fare parte di una lunga sequenza di iniziative da attivare, revisionare e integrare nel corso degli anni per trasformare radicalmente i servizi sanitari e sociali.

Qui riporto sinteticamente i risultati dello studio di un caso esemplare: il percorso seguito nel Comune di Badalona (200.000 abitanti, in Catalogna) tra il 2003 e il 2015. Ho utilizzato la cassetta degli attrezzi introdotta nei precedenti articoli per la rappresentazione strutturata dei modelli di cura, che prevede di assegnare i punteggi CCC (Contributo Contingente al Cambiamento) a 23 classi di fabbisogni di integrazione, di calcolare l’indicatore CCD (Contingent Complexity of Deployment) su ogni modello nel suo insieme, e di mappare le classi di fabbisogni verso le componenti sanitarie e sociali di ogni modello e verso le soluzioni tecnologiche più appropriate per ogni iniziativa.

Le 20 iniziative del percorso pluriennale di Badalona verso l’Integrated Care

La tabella mostra l’anno di attivazione, l’argomento, il titolo e il valore dell’indicatore CCD per le 20 iniziative analizzate: 13 Programmi implementati sul campo in modo congiunto tra le Autorità sanitarie e sociali, più 7 sperimentazioni gestite nell’ambito di progetti europei.

Indicativamente, l’indicatore di complessità CCD inferiore al 30% denota un’iniziativa con pochi cambiamenti e quindi poco complessa, mentre al di sopra del 60% l’iniziativa diventa via via più difficile da realizzare, con molti cambiamenti rilevanti per soddisfare le varie classi di fabbisogni.

La complessità delle iniziative

L’indicatore CCD nelle 20 iniziative è riportato graficamente nella figura seguente, in cui i triangoli verdi indicano i Progetti Europei ed i cerchi indicano i Programmi sul campo.

Si nota un incremento negli anni della complessità di tutte le iniziative, ed in particolare per i tre programmi che sono stati riconfigurati nel periodo esaminato:

  • Regional case management (2003, 2008, 2012) sulla gestione delle malattie croniche, inizialmente solo per la BPCO, poi anche per ictus e insufficienza cardiaca e infine esteso alla cronicità in generale;
  • AtDom (2003, 2008, 2013) sull’assistenza domiciliare per pazienti con difficoltà motorie, con NAtDom (2013) per l’assistenza nelle residenze per anziani;
  • HDI (2003, 2012) sul follow-up temporaneo a casa dopo la dimissione, prima e dopo l’introduzione del profilo di Care Manager.

Tutti i progetti europei (triangoli) riguardavano modelli ad alta complessità.

Alcuni modelli italiani che ho discusso nei due articoli precedenti riguardavano argomenti analoghi a quelli appena esposti per Badalona.

Si può affermare che, pur con approcci differenti verso le singole classi di fabbisogno, modelli simili mostrano complessità simili:

  • la complessità di ambedue i modelli italiani sulla gestione delle malattie croniche era intorno al 50%, come quella di CaseMng 2003;
  • il “servizio 24/7 di Care Management” ha un CCD di 65% come CaseMng 2008;
  • il CCD del 40% per il “follow-up temporaneo a casa dopo la dimissione” è sovrapponibile a quello di HDI 2003;la “rete di solidarietà di vicinato” e il “monitoraggio della salute e integrazione sociale per estendere la vita indipendente degli anziani” (2008) sono ambedue intorno al 60%.

Le classi di fabbisogni che comportano più innovazione nei modelli di assistenza

Calcolando la media dei punteggi CCC (Contributo Contingente al Cambiamento) assegnati alle 23 classi di fabbisogni per le singole iniziative, è stato possibile identificare le 8 classi che hanno più influenzato la trasformazione del sistema sanitario e sociale di Badalona nell’insieme delle 20 iniziative:

  • COL.2a, consapevolezza reciproca tra i professionisti coinvolti dei contatti avuti con il paziente e dei problemi di salute riscontrati (media CCV= 3,8)
  • ENG.2a, competenze del paziente su stili di vita sani, conoscenze cliniche, terapie (media CCV= 3,6)
  • COL.2c, registrazione e condivisione dei dati rilevanti sui pazienti (media CCV= 3,4)
  • COL.3a, porre rimedio alla distanza tra professionisti e pazienti (include tele-salute e tele-assistenza) (media CCV = 3,3)
  • COL.1b, supervisione medica sistematica nel corso del piano di assistenza (media CCV= 3,2)
  • COL.1a, creazione, perfezionamento e aggiornamento del piano di assistenza individuale da parte di un team multidisciplinare (CCV medio = 3,2)
  • ENG.2b, aderenza del paziente al piano di assistenza individuale (CCV medio = 3,1)
  • COL.1c, coordinamento nell’attuazione dei rispettivi compiti all’interno di un piano di assistenza individuale (Care Manager) (CCV medio = 3,1)

Per i manager, queste classi evocano una specifica revisione dei servizi sanitari e sociali; per i tecnologi richiamano alla mente varie tipologie di soluzioni come, ad esempio:

  • COL.2a, un diario delle attività svolte sia da ogni attore intorno al paziente sia dal paziente stesso o dal caregiver, ed un registro dei problemi di salute osservati da ogni professionista, essenziale per “fare squadra” sul territorio e con l’ospedale;
  • ENG.2a, gli strumenti per l’educazione del paziente su stili di vita sani, conoscenze cliniche, terapie;
  • COL.2c, una cartella clinica territoriale condivisa, possibilmente collegata alla cartella ospedaliera in un sistema informativo integrato;
  • COL.3a, i servizi, i dispositivi medici e la piattaforma per il follow-up domiciliare del paziente;
  • COL.1b, un cruscotto decisionale per permettere al medico supervisore di seguire l’andamento del piano individuale di assistenza e dello stato del paziente;
  • COL.1a, una piattaforma di collaborazione multicanale per permettere al team multidisciplinare di discutere il piano di assistenza;
  • ENG.2b, gli strumenti per monitorare l’esperienza del paziente e le sue attività di auto-cura e intervenire per consigliare, richiamare, correggere il paziente e il caregiver;
  • COL.1c, il “gestionale” del Care Manager, per coordinare le attività da svolgere sia dai professionisti che dal paziente/caregiver, individuare rischi e imprevisti per attivare gli attori più opportuni per gestirli.

Questa graduatoria appare ragionevole per qualsiasi iniziativa; tuttavia ribadisco che ha solo un valore indicativo e non è direttamente esportabile in altre situazioni locali: risente della soggettività dei punteggi attribuiti alle classi e del contesto di Badalona nel periodo in cui si è sviluppato in percorso:

  • i modelli non hanno lo scopo di fornire una soluzione, ma offrono un quadro di orientamento per stimolare una discussione strutturata tra stakeholder con competenze diversificate;
  • ogni modello deve comunque essere adattato ai fabbisogni e al contesto contingenti di ogni realtà locale.
  • Nei prossimi due articoli scendo nel dettaglio delle iniziative rispettivamente di assistenza domiciliare e di gestione della cronicità, con ulteriori confronti tra i modelli di Badalona ed i sei modelli italiani.

Continua

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