Una interessante proposta del dr. Roberto Grinta, Direttore del Dipartimento dei Servizi AV2 ASUR Marche, che riceviamo e pubblichiamo volentieri.
L’International Committee on Taxonomy of Viruses ha denominato il nuovo coronavirus “sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2” (SARS-CoV-2). L’epidemia di COVID-19 (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata), è stata dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale. Ad oggi, il virus ha raggiunto tutti i paesi del mondo, tant’è che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha modificato la classificazione del Coronavirus da epidemia a pandemia.
Una pandemia (dal greco pan-demos, “tutto il popolo”) è appunto una malattia epidemica che si espande rapidamente, diffondendosi in più aree geografiche del mondo, e che coinvolge numerose persone. Tale situazione presuppone la mancanza di immunizzazione dell’uomo verso un patogeno altamente virulento.
Secondo l’OMS le condizioni affinché si classifichi la pandemia sono essenzialmente tre:
- la comparsa di un nuovo agente patogeno;
- la capacità di tale agente di colpire gli umani;
- la capacità di tale agente di diffondersi rapidamente per contagio.
Contro il Coronavirus, gli Stati hanno messo in atto misure di contenimento della propagazione dell’epidemia, in quanto una minor incidenza dei nuovi casi potrebbe permettere di rallentare la curva epidemica e, quindi, riprogrammare gli accessi in rianimazione per i soggetti con diagnosi polmonare compromessa, con EGA in O2 per pazienti con SpO2<90% in aria ambiente, Rx torace che mostri addensamenti polmonari bilaterali tipo polmonite interstiziale.
La degenza media in rianimazione del paziente COVID-19, è di circa 21 giorni, quindi diventa importante definire il percorso a monte del processo, separando i casi sospetti in attesa di tampone dai pazienti accertati che forse dovranno entrare in rianimazione qualora le loro funzioni siano compromesse.
La risposta del nostro Sistema Sanitario è stata quella di lavorare ad una profonda e continua trasformazione degli ospedali del nostro Servizio Sanitario Nazionale, sia Hub che Spoke, cercando di migliorare l’efficienza del percorso del paziente affetto da COVID, separando i percorsi con quelli NO-COVID.
La popolazione maggiormente interessata dal Coronavirus, almeno dai primi studi che però sono ancora troppo lontani da avere una base dati utile per esprimere linee d’indirizzo efficaci contro il virus, pare essere rappresentata da over-65 con pluripatologie e coomorbidità accertate, di cui l’80% con un’età media di ottant’anni.
Da questo punto di vista, però, il sistema sanitario è dotato di informazioni digitali che rappresenteranno il core del nuovo modello organizzativo, soprattutto di riorganizzazione nella programmazione sanitaria.
Si conoscono i pazienti con comorbidità con pluripatologie più fragili e quindi bersaglio “ideale” per la trasmissione del Coronavirus e successive complicanze.
L’anagrafe di questi assistiti, è in grado di fornire tutte le indicazioni cliniche, del paziente, anche tramite il patient summary del Medico di medicina Generale che si collega al Fascicolo Elettronico Sanitario.
La prevenzione e quindi il monitoraggio continuo a distanza dei soggetti “fragili” è in grado di ridurre l’incidenza e quindi l’accesso in Ospedale. Inoltre, tramite l’intelligenza artificiale, è possibile applicare in modo digitale algoritmi in grado di simulare le capacità cognitive umane nell’analizzare dati clinici e di giungere autonomamente a delle conclusioni senza ulteriori input umani, supportando il clinico nell’individuazione dei segni di probabili patologie.
In seconda battuta, è possibile pensare alla possibilità di estrazione dei dati e simulare, tramite algoritmi nuovi, segnali predittivi di patologia legati alla diffusione, legando la simulazione anche alla potenza con cui il virus si lega alle superfici di contatto. Si potrebbero, così, ridefinire standard in base alla patologia del soggetto sia tramite esenzioni di patologia che di condizioni.
Naturalmente la rete delle informazioni non può sottrarsi ai vincoli dettati dai requisiti di privacy e dalla gestione dei dati a soggetti decisori nella programmazione sanitaria.
I soggetti valutati più a rischio potrebbero essere monitorati a distanza, tramite consolle predisposte a livello regionale e/o aziendale, tali da consentire la possibilità d’intervento immediato qualora parametri standard definiti per la patologia dovessero risultare alterati.
Possibilità di gestire la piattaforma dei dati sanitari attraverso password fornite agli assistiti, che possono accedere al data base centrale per inserire dati clinici, come l’esito di alcuni test predittivi.
L’opportunità di gestire a distanza prevede dunque la possibilità d’intervenire prontamente in modo clinico e direttamente mediante anche l’attivazione di un sistema a rete fra professionisti, sia in ambiente ospedaliero che territoriale.
Inoltre i dati disponibili potrebbero essere collegati ad algoritmi che siano in grado di stabilire il conto effettivo dei posti letto per pazienti COVID sospetti, positivi e rianimazione. Infatti è utile avere un percorso predittivo di posti letto, in base ai dati di comorbidità della popolazione e quindi approcciarsi al problema epidemiologico su base predittiva.
La procedura ipotizzata – sicuramente attuabile in un breve periodo – anche finanziando progetti di telemedicina a distanza, sarebbe in grado di introdurre una nuova metodica per affrontare il problema della diffusione del Coronavirus tramite prevenzione, monitoraggio continuo a casa, in ufficio, senza cambiare in modo drastico le abitudini di ogni cittadino.
Roberto Grinta
Direttore del Dipartimento dei Servizi AV2 ASUR Marche