La medicina senza medici: uno sguardo sul futuro

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Nonostante ci sia grande attenzione  sulla rivoluzione tecnologica della medicina, si parla invece poco di come cambierà il ruolo dei medici. Questi sono in genere molto gelosi e poco inclini a considerare qualsiasi riduzione o “invasione di campo” nella loro professione.

Eppure lo sviluppo delle nanotecnologie, delle biotecnologie, dell’informatica – in particolare dell’intelligenza artificiale – e delle scienze cognitive non conosce sosta e apre nuovi scenari che dovrebbero stimolare una profonda riflessione.

La storia insegna che il progresso scientifico e tecnologico ha radicalmente migliorato la medicina e la sua capacità di salvaguardare e curare la salute delle persone.

Parte da questa premessa un interessante libro, “La médicine sans médicin“, scritto nel 2016 da Guy Vallancien, chirurgo e urologo francese, membro dell’Accademia Nazionale della Medicina.

Vallancien afferma che bisognerebbe abbandonare il principio di precauzione e la fobia del rischio che caratterizza la nostra società per riformare radicalmente il mondo medico, dalla formazione alle modalità di remunerazione, compresa la definizione del ruolo dei medici.

Secondo Vallancien l’uso massiccio delle tecnologie mediche, che si tratti di robot chirurgici, applicazioni sanitarie, strumenti di telemedicina, immagini mediche o semplicemente risorse informatiche, dovrebbe consentire ai medici di delegare molti dei loro compiti a tecnici, infermieri e pazienti stessi. Ciò consentirà ai medici di concentrarsi nuovamente sulla loro attività principale, vale a dire l’ascolto, il sostegno e il processo decisionale. Il resto dell’attività medica, dagli aspetti tecnici a quelli amministrativi, saranno svolti dalla tecnologia stessa o da professionisti non medici.

L’avvento della “media-medicina”, così Vallancien definisce la nuova medicina, si baserà sulla valorizzazione e l’integrazione delle professioni paramediche, ma anche sulla creazione di nuove professioni, in particolare di operatori (ingegneri) interamente dedicati all’uso delle tecnologie.

Il libro poi approfondisce come andrebbe, secondo l’autore, riformato il sistema sanitario ed è soprattutto un appello per una profonda riforma della medicina francese. Ma a differenza di molti libri di medici che invitano al rinnovamento della loro disciplina, questo non è incentrato sulla difesa della corporazione e del ruolo tradizionale del medico umanista di fronte ai vincoli sociologici, finanziari o organizzativi che vi sono.

Come è facile immaginare, il libro ha suscitato in Francia un accesso dibattito e non sono mancate le critiche.

Tornando però al tema della tecnologia, di norma c’è molta prudenza e attenzione nel rimarcare, quando si parla di nuove diagnostiche mediche o di applicazioni di intelligenza artificiale, il ruolo centrale e insostituibile del medico. Ma è proprio così?

Ci sono sicuramente aspetti della professione medica che, ad esempio, l’intelligenza artificiale non è in grado di riprodurre, come l’empatia, la capacità di ragionamento “non lineare“, la possibilità di eseguire manovre mediche (ad esempio la manovra di Heimlich). Ma è anche vero che ci sono ambiti dove l’AI può superare le capacità umane, come ad esempio il riconoscimento di immagini e, più in generale, la diagnostica o la precisione nell’eseguire alcuni tipi di interventi chirurgici.

Non si tratta di mettere in competizione gli umani con le macchine ma di ragionare, senza pregiudizi, su come sfruttare al meglio le potenzialità presenti e future della tecnologia per potenziare l’efficacia e l’efficienza dei medici, rivedendo il loro ruolo nell’ambito di un lavoro collegiale svolto insieme a paramedici e tecnici.

La cronaca dei conflitti tra medici e altri professionisti sanitari, ad esempio con gli infermieri o i tecnici radiologi, mostra però un atteggiamento della classe medica teso soprattutto a difendere, in modo corporativo, le proprie prerogative.

Se poi aggiungiamo il problema della carenza di medici e di infermieri, che tocca sia i paesi  più avanzati, sia quelli in via di sviluppo, diventa evidente che non si può più rimandare una seria riflessione su come pianificare e realizzare il futuro della medicina.

 

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