
È la domanda che dovrebbero porsi coloro che definiscono gli investimenti nelle tecnologie digitali. La sensazione è che si continuino a finanziare le stesse cose, magari con nuove tecnologie, senza toccare le vere criticità.
Cartelle cliniche, sistemi diagnostici, soluzioni per l’accoglienza, Fascicolo Sanitario Elettronico, hanno ricevuto gran parte dei fondi del PNRR destinati alla digitalizzazione. Esistono da tanti anni e, va bene, vanno aggiornati ma possibile che, con le tecnologie che abbiamo oggi, non si possa ampliare lo spettro d’azione del digitale, così da provare a superare qualcuno dei problemi della sanità?
L’unica novità, si fa per dire, è la telemedicina che grazie al PNRR ha ricevuto una mole imponente di finanziamenti, circa un miliardo di euro. Ma quanto potrà incidere la telemedicina sui problemi più scottanti di oggi, come ad esempio l’affollamento dei pronto soccorso o le liste di attesa per le visite specialistiche e gli esami diagnostici? Nulla.
Malgrado si conoscano le cause e le dinamiche che determinano l’affollamento dei PS e i lunghi tempi delle liste di attesa, le uniche soluzioni che si stanno perseguendo sono di tipo “analogico“: case delle comunità per alleviare i PS dai codici verdi e bianchi, extra orari o sempre più ricorso al privato per aumentare il numero di visite ed esami disponibili in un loop senza fine, dal momento che al crescere dell’offerta aumenta la domanda.
Possibile che il digitale non possa fornire alcun contributo? Qualche tentativo, a onor del vero, si sta facendo, ma utilizzando nuove tecnologie in modo vecchio. Alcune regioni, ad esempio, pubblicano in tempo reale la situazione dei pronto soccorso, così da consentire ai cittadini di conoscere i tempi di attesa e magari indirizzarsi verso un presidio sanitario meno affollato. Una delle prime è stato il Lazio che fornisce un elenco dei PS di tutta la regione.

Si tratta di un elenco dove, per ogni PS, sono indicati il tipo di strutture, i dati del numero di pazienti in attesa, divisi per codice colore, quelli in trattamento, in attesa di ricovero o trasferimento, in osservazione. Alcune osservazioni:
- Quale utilità ha per i cittadini l’indicazione del tipo di struttura? Conosce la differenza tra PS, DEA I e DEA II? Dove è meglio andare?
- Va bene vedere i numeri ma che significano in concreto? Quanto tempo devo aspettare? È corretto dire che più è alto il numero dei pazienti, maggiore sarà l’attesa? In realtà dipende anche dalla capacità del PS, ossia dal numero di professionisti che vi operano
- Con quale criterio è ordinato l’elenco?
- Qual è la distanza rispetto a dove mi trovo?
- Ci sono PS più adatti alla mia esigenza (ad es. per branca specialistica)?
L’elenco può essere filtrato per comune (dove si trova il PS) o ASL. C’è poi una mappa Google dei PS dove, selezionando un segnaposto, appare il nome dell’ospedale dove è situato il PS.
Si tratta di un elenco pensato dagli “addetti ai lavori” che probabilmente è molto utile a loro per controllare l’andamento dei PS, molto meno utile ai cittadini. C’è poi da dire che pochi ne conoscono l’esistenza.
Qualcuno potrà obiettare che si tratta di una vecchia interfaccia. Vediamo allora qualcosa di più moderno, l’app della regione Lombardia.

Bella grafica, è disponibile la georeferenziazione, c’è un’indicazione sul grado di affollamento basato sempre sui numeri, nella descrizione dei PS (bisogna però selezionarlo dall’elenco) c’è indicato se è un punto nascita e se c’è la pediatria. Molto meglio rispetto al Lazio, c’è lo sforzo di realizzare un servizio per i cittadini. Ci sono margini di miglioramento come indicano anche le valutazioni dello store Apple 2,5 su 5 e Google 2,7 su 5.
Ma è questo tutto quello che si può fare per aiutare i cittadini che devono recarsi a un pronto soccorso? Lo scopriremo nel prossimo articolo.
1 – Continua
3 thoughts on “Stiamo davvero utilizzando il digitale per affrontare le priorità della sanità?”