Ieri ho partecipato, all’interno del forum sistema salute della Leopolda, ad una sessione di design thinking sulla prescrizione ottimale. Ho imparato molte cose interessanti e riflettuto su come questo processo creativo possa aiutare a risolvere uno dei principali limiti delle attuali soluzioni digitali: essere progettate da tecnici, senza coinvolgere gli utenti.
Le aziende di informatica che sviluppano soluzioni per la sanità sono composte principalmente da tecnici, quasi sempre giovani, che operano all’interno di “software factory” su specifiche definite da altri tecnici, esperti di dominio, che si relazionano con i clienti. In queste aziende non ci sono, o sono davvero pochi, i medici, gli infermieri, i farmacisti; nelle multinazionali va un po’ meglio, ma in ogni caso le esigenze, i desideri e le esperienze degli utenti arrivano filtrati e talvolta edulcorati da persone che, pur avendo esperienza nel settore, non vi lavorano.
Anche coinvolgendo gli utenti è comunque molto difficile avere indicazioni su come innovare. I termini di confronto che questi hanno si riferiscono a processi tradizionali, basati sulla carta o a vecchi software che quasi sempre traslano in digitale vecchi modelli organizzativi, senza apportare modifiche alla logica dei processi. Quando vengono coinvolti essi tendono a discutere o proporre richieste che contengono già la soluzione: l’aggiunta di campi in una maschera, lo sviluppo di una funzione, l’implementazione di controlli.
È un approccio che produce miglioramenti, spesso marginali, ma che quasi mai innova realmente il processo. Il campo di ricerca delle soluzioni è ristretto, condizionato dalla poca conoscenza degli utenti sulle potenzialità delle tecnologie o dei miglioramenti organizzativi che potrebbero essere implementati.
Il vantaggio che il design thinking offre è un modello che parte dagli utenti, dai loro problemi, le loro esigenze, gli obiettivi che hanno, il loro vissuto includendo in questo ciò che essi pensano, le loro paure. La ricerca delle soluzioni è solo l’ultimo step di un processo creativo che obbliga a pensare in modo olistico, astraendo e separando le tecnologie dai problemi. Questo percorso, incentrato sull’utente, porta a valutare e considerare l’impatto delle soluzioni possibili sui molteplici aspetti che vi sono intorno a un problema, la loro efficacia, le difficoltà connesse alla loro realizzazione.
Se provate a rivedere in questo modo i più importanti progetti di sanità elettronica, ad esempio la dematerializzata e il fascicolo sanitario elettronico, risulta evidente come queste siano state ideate e sviluppate sulla base delle tecnologie disponibili, preservando i paradigmi e i limiti dell’attuale organizzazione sanitaria. In altre parole l’esatto contrario di quello che prevede il design thinking.
Poiché trovo il tema estremamente interessante, lo riprenderò in prossimi articoli provando a applicare il design thinking alla dematerializzata e al FSE, così da mostrare in concreto come funziona questo processo creativo e quali soluzioni suggerisce. Vi anticipo che i risultati sono profondamente diversi da quelli che sono stati ottenuti.
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